Usa e Ue accusano Pechino alla Wto
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Usa e Ue accusano Pechino alla Wto

Usa e Ue accusano Pechino alla Wto

Protezionismo. Presentata una richiesta congiunta di consultazioni formali, la prima sotto l'amministrazione Obama
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Enrico Brivio
BRUXELLES. Dal nostro inviato
La Cina dovrà difendersi sul banco degli imputati della Wto dalle accuse presentate in tandem da Unione europea e Stati Uniti di attuare illecite restrizioni all'export di materie prime, che aiutano le imprese di Pechino a danno delle concorrenti straniere.
Bruxelles e Washington hanno presentato ieri una richiesta di consultazioni formali, primo passo per avviare una disputa a Ginevra. Le denunce dei due partner atlantici (la prima sotto l'amministrazione Obama) accusano il governo cinese di mettere in atto quote, dazi e prezzi minimi illegali sull'export di 20 prodotti chiave per l'industria manifatturiera, tra i quali fosforo giallo, fluorite, tungsteno, bauxite, coke, magnesio, manganese, silicone e zinco. Alcuni di questi materiali sono disponibili in larga quantità solo in Cina. Le restrizioni di Pechino avvantaggiano la produzione nazionale e creano pressioni al rialzo sugli approvvigionamenti delle imprese europee e americane, impegnate in produzioni che vanno dai semiconduttori agli aerei, dai detergenti alle lampadine. Secondo Bruxelles, i dazi cinesi sull'import europeo dal valore di 4,5 miliardi di euro hanno potenzialmente un impatto sul 4% della produzione industriale comunitaria, interessando circa mezzo milione di posti di lavoro. Per la Commissione Ue il vantaggio illecito ottenuto dalle aziende cinesi, rispetto alle concorrenti straniere, si fa sentire in particolare nei settori della chimica, dell'acciaio e dei metalli non ferrosi, ma anche in molti altri comparti derivati, che a loro volta si riforniscono da queste industrie di base.
«Le restrizioni cinesi sulle materie prime distorcono la concorrenza e aumentano i prezzi globali - ha tuonato il commissario europeo al Commercio, Catherine Ashton - rendendo ancora più difficile la situazione delle nostre imprese in questo momento di crisi». La Ashton ha anche auspicato di trovare una soluzione concordata con Pechino nella fase di consultazione, senza dover arrivare a un pronunciamento della Wto.
Dello stesso tono allarmato le dichiarazioni arrivate da Washington. «Siamo molto preoccupati in quanto sembra trattarsi di una politica deliberata di Pechino per sovvenzionare la propria industria», ha osservato il Rappresentante per il commercio Usa, Ron Kirk. «La Cina è un produttore leader delle materie prime in questione e l'accesso a questi prodotti è fondamentale per le imprese americane».
Già due volte in passato Unione europea e Stati Uniti avevano avviato azioni congiunte di fronte alla Wto nei confronti delle pratiche commerciali cinesi: una volta nei confronti dei dazi sulla componentistica automobilistica (e sul tema Pechino ha perso il suo primo appello alla Wto il 18 luglio scorso) e una sull'informazione finanziaria da parte dei media stranieri (conclusosi con un accordo a tre in novembre). La nuova azione euro-americana apre però un fronte scottante con la Cina. Proprio perché in questa fase di recessione globale e di crescente competizione sui mercati internazionali, le tasse implicite sull'export mantenute in vigore dal governo cinese hanno l'effetto di aumentare le distorsioni commerciali e di porre molte imprese europee e americane di fronte alla morsa di prezzi crescenti di materiali chiave.
Da parte europea, l'Unione ha sottolineato che le consultazioni richieste si concentrano su un primo ventaglio di misure e prodotti, ma non ha escluso che ulteriori azioni vengano intraprese riguardanti anche altri provvedimenti cinesi.
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Il caso
Bruxelles e Washington si sono rivolte all'organizzazione mondiale del Commercio (Wto) per contestare il governo cinese, "colpevole" di porre restrizioni all'export di 20 prodotti chiavi per l'industria manifatturiera (alcuni dei quali presenti in quantità massicce solo nel paese asiatico)
I precedenti
Non è la prima volta che Unione europea e Stati Uniti ricorrono alla Wto contro la Cina (ma è la prima sotto l'amministrazione Obama). In passato hanno contestato violazioni in tema di componentistica per auto e di informazione finanziaria da parte dei media stranieri
Cosa succede
L'avvio delle consultazioni richieste da Ue e Usa costituisce la prima fase di un ricorso alla Wto. Se dopo 60 giorni non si è riusciti a raggiungere un accordo amichevole tra le parti, viene istituita una commissione speciale di esperti incaricata di dirimere la controversia

24/06/2009
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