Roma, 17 gen.- L'attuale sistema monetario è un prodotto del passato. A sostenerlo è il presidente cinese Hu Jintao in un'intervista concessa domenica al Washington Post e al Wall Street Journal, a soli tre giorni dal vertice previsto per mercoledì nella capitale statunitense che vedrà l'Aquila e il Dragone impegnati sui temi più caldi del momento. "Il contributo offerto dalla Cina al mondo economico è considerevole sia in termini di output che di commercio". E' innegabile che la moneta cinese abbia giocato un "ruolo di primo piano nello sviluppo economico globale", ma "ci vorrà molto tempo prima che lo yuan diventi una valuta internazionale" ribadisce il presidente cinese. Solo qualche giorno fa il segretario del Tesoro americano Timothy Geithner aveva di nuovo avanzato la richiesta di un più repentino apprezzamento del renminbi. Ma dalla Cina nessun segno di ripensamento su quella che da tempo costituisce la principale causa di attrito tra i due Paesi e su cui mercoledì saranno puntati tutti i riflettori.
E se per il vertice formale bisognerà attendere fino a mercoledì, quello informale è previsto per martedì sera, quando Hu Jintao e due suoi consiglieri prenderanno parte a una cena a sei nella Old Family Room della Casa Bianca assieme al 'padrone di casa' Barack Obama, al segretario di Stato Hillary Clinton e a uno dei principali consiglieri per la sicurezza nazionale degli Usa Tom Donilon. Un appuntamento "intimo" durante il quale, spiega Donilon, "si potrà parlare a ruota libera" e che è stato già indicato da molti come più importante del vertice stesso. Ma a servire 'l'appetizer' della cena ci ha pensato Hu nella lunga intervista ai due media americani esponendo la sua visione non solo sulla questione dello yuan, ma anche sui rapporti tra i due Paesi, sulle riforme democratiche e sulla tensione tra le due Coree. Temi questi molto probabilmente presenti nell'agenda di Washington, ma non ancora confermati dai due Paesi.
"Non si può negare che tra la Cina e gli Stati Uniti ci siano enormi differenze e argomenti sensibili, ma entrambe le potenze devono imboccare il sentiero comune della cooperazione e del dialogo per dar vita a una relazione sino-americana di lungo termine, che permetta di superare le differenze".
I rapporti tra l'Aquila e il Dragone si sono incrinati nel 2010 a causa di alcune "intromissioni da parte degli Usa" in "questioni nazionali", a iniziare dall'incontro di Obama con il Dalai Lama e proseguendo con la vendita di armi per oltre 6 miliardi di dollari a Taiwan – isola indipendente che Pechino mira a riannettere sotto il dominio cinese -. Una mossa, quest'ultima, che ha causato l'interruzione del dialogo militare tra Pechino e Washington riaperto solo una settimana fa con la visita in Cina del segretario della Difesa statunitense Robert Gates. Un'occasione che il ministro della Difesa cinese Liang Guanglie ha colto al volo per ribadire ancora una volta l'opposizione del governo cinese al riarmo di Taiwan: "Se dovesse accadere di nuovo non è esclusa un'altra interruzione dei rapporti militari". Ed è sempre durante la permanenza di Gates nella 'capitale del nord' che sui media cinesi sono apparse le foto del primo volo dello Stealth J-20: un caccia invisibile di ultima generazione che promette di competere con l'F-22 americano. Un tempismo che molti hanno interpretato come uno sfoggio di muscoli del Dragone, ma di cui il governo di Pechino si è dichiarato all'oscuro.
A fine anno, il Nobel per la Pace al dissidente Liu Xiaobo ha riportato l'attenzione della comunità internazionale sulla questione dei diritti umani in Cina. Ed è su questo tema - su cui Pechino non tollera ingerenze – che gli Usa sembrano calcare la mano. Giovedì Obama ha incontrato alcuni dissidenti cinesi rimasti nell'anonimato - ai quali è stato chiesto in particolare in che modo l'esercizio arbitrario del potere incide sulla quotidianità dei cittadini.
Nonostante da Pechino non siano giunti commenti sulla vicenda, sono in molti a ritenere che la scelta di Obama potrebbe influenzare l'andamento dei colloqui sino-statunitensi. Tra la visita del Dalai Lama e il Nobel a Liu si inseriscono il caso Google e il braccio di ferro sull'apprezzamento dello yuan. "Bisogna che la sovranità di un Paese sia rispettata e garantita" ha dichiarato nell'intervista Hu Jintao con un probabile riferimento all'interferenza statunitense su queste questioni.
Poi il presidente della Repubblica popolare si è espresso sulle riforme democratiche: "La Cina vuole riformare le istituzioni politiche in vista di uno sviluppo sociale ed economico. Continueremo a diffondere la democrazia tra le persone e saranno salvaguardati gli interessi e i diritti dei cittadini". E dalla tutela dei diritti democratici si passa a quella degli affari: "Sin dal suo ingresso nell'Organizzazione mondiale del Commercio la Cina ha sempre rispettato i suoi impegni abolendo i regolamenti nazionali considerati incompatibili con le leggi del WTO. Tutte le compagnie straniere registrate in Cina sono imprese cinesi e godono dello stesso trattamento riservato a quelle nazionali". Le parole di Hu sembrano essere una risposta alle critiche mosse alla Cina da Europa e Stati Uniti che lamentano un comportamento scorretto del Dragone su questioni commerciali e di gare d'appalto per le quali Bruxelles e Washington chiedono una maggiore trasparenza.
Infine il tema di Hu Jintao sulla "penisola coreana in cui - grazie alle pressioni cinesi e delle altre potenze – la tensione sta scendendo". "Vogliamo ottenere la denuclearizzazione della Corea attraverso il dialogo. E' per questo che la Cina preme per una riapertura dei Colloqui a sei. Una soluzione che però non convince Washington che chiede a Pechino di esercitare una maggiore influenza su Pyongyang, di cui la Cina rappresenta l'unico alleato".
di Sonia Montrella
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