Una bolla alimentata dagli aiuti di Stato
ADV
ADV
Una bolla alimentata dagli aiuti di Stato

Una bolla alimentata dagli aiuti di Stato

L'ANALISI
di lettura
Le difficoltà delle banche cinesi non sono una novità. Da quasi due anni un gruppo di economisti ispirati dall'ex premier Zhu Rongji mette in guardia dai problemi del sistema finanziario. Tali difficoltà sono frutto dell'insieme di problemi di sistema e misure di pronto intervento per la crisi economica. Nel 2009, il Governo lanciò un piano di sostegno finanziario per circa mille miliardi di euro. Questi fondi dovevano essere impiegati in fretta e le banche hanno finanziato le imprese statali, Soe (State Owned Enterprise) per un motivo semplice. Se una banca di Stato presta a un'impresa di Stato e l'investimento va male, il problema è della Soe, la banca si è limitata a compiere il suo dovere. Ma se la banca presta a un'impresa privata e l'investimento va male, si apre il sospetto che il funzionario e l'imprenditore si siano messi d'accordo per truffare l'istituto. Quindi i prestiti ai privati sono più complicati e macchinosi e nella fretta i soldi sono passati da una mano all'altra dello Stato. Ma le Soe sono inefficienti e la crescita di questi 30 anni è stata trainata dalle imprese non statali. Di certo frettolosi investimenti in infrastrutture sono all'origine dei recenti disastri nella ferrovia di Wenzhou con decine di morti, o nella metropolitana di Shanghai. Ma più in generale le Soe semplicemente non avevano abbastanza progetti su cui spendere e hanno investito in operazioni finanziarie: investimenti immobiliari e prestiti "triangolari" a imprese private a tassi del 20%, 30% e oltre. Il primo fenomeno è all'origine della bolla immobiliare. La vendita di terreni nel 2010 ha avuto un valore complessivo più che doppio rispetto all'anno precedente. E nei primi sei mesi del 2011 gli investimenti immobiliari erano aumentati del 32% rispetto allo stesso periodo del 2010. La bolla immobiliare ha nutrito un'altra bolla, l'aumento delle entrate fiscali delle municipalità: oltre il 50% delle tasse in molte città viene oggi dalla vendita di terreni. Ciò ha creato una complicità di fatto tra immobiliaristi e amministratori cittadini con in più un ricatto verso lo Stato e i cittadini. Un alt alla corsa immobiliare potrebbe danneggiare la solidità delle banche che hanno prestato agli immobiliaristi e tocca gli interessi dei cittadini che hanno comprato una casa. Accanto a questo c'è poi la ricaduta correlata delle imprese non statali spesso esportatrici, costrette nella doppia morsa di aumento del costo reale del denaro (al 20% e oltre) e la rivalutazione dello yuan rispetto a tutte le monete internazionali, che toglie loro competitività. Infine c'è l'aumento dell'inflazione che sta toccando strati sempre più larghi di popolazione. Per fermarla e sgonfiare la bolla immobiliare il Governo sta tirando i freni sulla finanza, cosa che però tocca poi la capacità delle imprese di ripagare le banche. In tale situazione occorrerebbe ristrutturare il sistema creditizio perché si muova al servizio delle più efficienti imprese private. Ci sarebbe bisogno anche di promuovere un riordino di queste imprese, che spesso operano in situazioni poco cristalline. Inoltre, bisognerebbe privatizzare e spezzare le potenti Soe, grande fonte di inquinamento del mercato. Per questo ci vuole tempo e grande impegno politico, perché le Soe sono uno Stato nello Stato, capaci di promuovere i loro interessi a discapito di quelli nazionali. Nelle settimane scorse il premier Wen Jiabao ha dato l'allarme per i fallimenti di imprese private. Alcune stime suggeriscono che il 23% dei finanziamenti a progetti sostenuti dalle municipalità sarebbero perdite totali mentre un altro 50% sarebbe a rischio. Di certo la Cina non rischia il crollo. I regolamenti amministrativi impediscono fughe di capitali, i conti dello stato sono in forte attivo e oltre 3mila miliardi di dollari di riserve possono essere usati in caso di difficoltà. Studi econometrici di Paolo Savona e studiosi dell'Accademia cinese delle Scienze Sociali indicano che il tasso di uso di capitale bancario in Cina rispetto ai depositi è di 2 mentre è di 9 in Europa. Ma si tratta di rimettere i conti a posto e questo potrebbe essere molto costoso. Nel 2010 la Cina ha contribuito per il 19% della crescita globale e quest'anno potrebbe arrivare al 24%. Il rischio quindi è di un circolo vizioso: se non si trovasse presto una quadratura del cerchio cinese anche i problemi europei potrebbero essere più pesanti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

13/10/2011
ADV