Un dazio contro il pomodoro cinese
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Un dazio contro il pomodoro cinese

Un dazio contro il pomodoro cinese

Agricoltura. Coldiretti: no al dumping
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Giorgio dell'Orefice
ROMA
Un dazio doganale aggiuntivo come misura antidumping prevista dalla normativa comunitaria. È la richiesta avanzata ieri da Coldiretti per arginare l'invasione di pomodoro cinese in Italia che mette a rischio la produzione comunitaria e quindi «giustifica l'attivazione del meccanismo di salvaguardia previsto dal regolamento 260/2009».
Quella del pomodoro cinese è inoltre una invasione "strisciante" che richiede interventi per rafforzare la trasparenza ai consumatori. Il prodotto è infatti importato come semilavorato (a volte in fusti da 200 chilogrammi), trasformato da aziende italiane e poi riesportato o consumato in Italia come pomodoro made in Italy. «Un "inganno" – ha spiegato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini – reso possibile da regole Ue che richiedono l'indicazione del solo luogo di trasformazione industriale, indipendentemente dalla materia prima utilizzata».
Nel primo trimestre del 2010 le importazioni dalla Cina di concentrato hanno toccato quota 82 milioni di chilogrammi, con una crescita del 174% rispetto al primo trimestre 2009 e rappresentano ormai saldamente la prima voce degli acquisti agroalimentari cinesi effettuati dall'Italia. «Si tratta di prodotti realizzati senza regole – ha aggiunto Marini – sia sotto il profilo della manodopera che sotto quello sanitario visto che si ritrovano spesso residui di sostanze chimiche il cui utilizzo è da anni bandito in Europa».
Tutto questo si traduce in una concorrenza sleale per le imprese italiane la cui redditività è minacciata dall'offerta di prodotti concorrenti a prezzo stracciato. Il pomodoro concentrato cinese è quotato circa 541 euro a tonnellata, un prezzo che risulta del 30% inferiore rispetto ai 775 euro del pomodoro Usa e di ben il 43% inferiore rispetto ai 945 euro del concentrato made in Italy.
Alla denuncia di Coldiretti si è unita anche quella di una fetta importante dell'industria di trasformazione (che in Italia vanta 173 impianti e 20mila addetti) presente all'incontro di ieri con i marchi Mutti e Pomì.
«Non sempre in passato agricoltori e industriali si sono trovati dallo stesso lato della barricata – ha detto il vicepresidente Aiipa (associazione italiana industrie prodotti alimentari) Marcello Mutti – ma questa volta abbiamo posizioni comuni: entrambi siamo convinti infatti che il futuro del made in Italy passi dalla qualità e non dalla concorrenza a colpi di ribassi».
Per contrastare questo boom di importazioni occorre dunque «introdurre subito un dazio antidumping – ha detto il presidente della Commissione Agricoltura del Senato, Paolo Scarpa Bonazza (Pdl) – mentre in prospettiva, per assicurare una informazione trasparente al consumatore, occorre arrivare all'obbligo di indicazione dell'origine per tutti i prodotti alimentari».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

09/06/2010
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