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Ben Bernanke è invece arrabbiato con gli europei perché se pure mantengono i tassi su livelli minimi non sono pronti a interventi sui mercati obbligazionari per dare opportune iniezioni di liquidità. Lui invece, ed è questione di giorni, procederà con forti operazioni sul mercato aperto per fare quello che non ha fatto il Congresso e cioè sostenere proprio in questi giorni, con la fine del pacchetto di stimoli, un'economia in cerca di tassi di crescita molto più sostenuti, necessari per generare occupazione. Anche l'America attacca con virulenza la Cina per lo yuan troppo forte. Ma Washington sa bene che Pechino se ne infischia. Farà solo quello che riterrà più vantaggioso. E se gli economisti e i banchieri centrali cinesi premono per rafforzamento dello yuan e rilancio della domanda interna, i politici sono molto più prudenti, tengono duro perché, come dice uno dei loro tanti millenari proverbi, non si lascia la strada vecchia per la nuova. Tanto più che ci sarebbe un rischio anche per noi. Nelle riunioni assembleari di oggi e di domani sentiremo di nuovo cinesi e indiani. Sentiremo le proteste dei brasiliani che minacciano sanzioni commerciali. E al G20 coreano che avremo fra oltre un mese non vedo soluzioni. Si parlerà di regole, terreno più semplice. Anche se il dollaro fosse già a quota 1,50 sull'euro.
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09/10/2010
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