Tutti a caccia di clienti cinesi
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Tutti a caccia di clienti cinesi

Tutti a caccia di clienti cinesi

Terzo Luxury Summit del Sole 24 Ore
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Se Maometto non va alla montagna, la montagna va a Maometto. Ma quando si parla di relazioni tra i beni di lusso made in Italy e la clientela cinese, il flusso è ormai bidirezionale: i cinesi comprano in Italia, con market share pari al 12-13% secondo le più recenti stime di Global Blue, e per lo più negli outlet. D'altro canto, i marchi italiani distribuiscono in Cina, mercato in forte crescita e dalle potenzialità indiscusse. Ma non per questo privo di difficoltà. Come è emerso dalla tavola rotonda "L'evoluzione delle strategie nello sviluppo dei consumi: come cambiano le politiche di distribuzione", perno dei lavori pomeridiani del 3° Luxury Summit del Sole 24 Ore. Un evento al quale hanno partecipato circa mille persone, cui si sono aggiunti i 3mila accessi allo streaming sul sito del Sole 24 Ore.
«Quattro anni fa abbiamo aperto il nostro primo negozio in Cina – ha detto Marco Palmieri, presidente e amministratore delegato di Piquadro –. Senza appoggiarci a un partner locale che ci avrebbe messo fretta sui tempi. Siamo cresciuti, specialmente ad Hong Kong, ma rimangono dei problemi: ci vorranno anni prima che la Cina diventi un mercato facilmente approcciabile». Diversa eppure simile l'esperienza di Fratelli Rossetti: «Ci siamo mossi con un partner competente – ha detto Diego Rossetti, presidente dell'azienda di Parabiago – ma chi apre in Cina deve adattarsi a dinamiche molto diverse dalle nostre. Le città di seconda e terza fascia, che comunque contano 8-10 milioni di abitanti, sono uno degli investimenti migliori». A tracciare un'analisi approfondita del quadro cinese è Giovanni Di Salvo di StraBranding: il mercato del lusso locale muove dai 10 ai 12 miliardi di dollari l'anno e per il 2011 è attesa una crescita del 25% circa. La Cina è un paese di giovani ricchi: 60mila persone, 43 anni l'età media, con oltre 100milioni di rmb; 1 milione con oltre 10milioni di rmb. E questi ultimi hanno in media 39 anni. Clientela esigente e pronta a spendere, ma più affascinata dal marchio che dal prodotto: un concetto che in Europa e negli Usa non trova riscontro e a cui le aziende del made in Italy dovranno abituarsi.
Ma non si è parlato solo di moda, bensì anche di yacht e cellulari di lusso. «È la generazione Y quella che ci interessa di più – ha raccontato Perry Oosting, presidente di Vertu – imprenditori e milionari che però prestano attenzione ad autenticità e valori». «I cinesi cominciano ad interessarsi ai nostri yacht – ha detto Giovanni Costantino, presidente e ad di Tecnomar Group – e noi investiamo nella ricerca per offrire prodotti unici». Se, per ora, in Cina nascono marchi del lusso che tendono a scimmiottare le griffe nostrane rimanendo entro i propri confini, i problemi possono sorgere quando, una volta arrivati in Italia, i cinesi non trovano quello che vogliono. «Sono i turisti, europei ed extra-Ue, a far vivere via Montenapoleone – ha spiegato Guglielmo Miani, presidente dell'Associazione Montenapoleone – e noi dobbiamo lavorare su questo: i cinesi sono turisti viziati, che vogliono essere serviti e riveriti ma poi ci aiutano a fatturare. Dobbiamo puntare sulla qualità dell'accoglienza». Anche la shopping experience ha un ruolo sempre più fondamentale: «Con Dodo non ci siamo concentrati solo sul prodotto – ha detto Riccardo Sciutto, managing director della Dodo division di Pomellato – ma abbiamo creato un'esperienza tanto bella da condurre all'acquisto. A questo abbiamo deciso di improntare anche i nostri nuovi negozi, in primis quello appena aperto a Londra». Tra chi vuole dare vita a un'esperienza di shopping - e di vita - diversa c'è Stefano Stroppiana, promotore dello sviluppo di Milano Santa Giulia: «Si tratta di un contesto nuovo, una "via del lusso artificiale" nella quale comprare e abitare». La customer experience trionfa off e online con siti sempre più all'avanguardia che permettono di bypassare i km e andare dritti all'acquisto: «Anche l'e-commerce è un mercato maturo - ha detto Palmieri - c'è bisogno di differenziarsi». Ma chi sono i turisti che vengono a fare shopping in Italia ogni anno? Tomás Mostany, country manager di Global Blue Italia, ha presentato una fotografia degli acquisti tax free che vengono fatti ogni anno nel nostro Paese. La suddivisione geografica non è altro che una conferma ai trend già emersi: nel 2010 Russia in testa con il 27% – dato che cresce a 40% secondo i dati gennaio-aprile 2011 forniti da Associazione Montenapoleone – e, a seguire, Cina, Usa e Brasile, che con il 3% del market share mostra le proprie potenzialità. È la distribuzione outlet ad allettare la clientela straniera: se nel 2006 incideva sul fatturato complessivo per l'8%, nel 2010 il peso dei negozi a prezzi ridotti è del 18%. Non solo shopping, ma secondo alcuni turismo "mirato" per copiare le idee made in Italy e produrle in Cina a basso costo: «Basta tutelarsi registrando il disegno» ha detto Giovanni Guglielmetti dello studio legale Bonelli Erede Pappalardo. Anche se non nega: «In Italia ci sono molte lacune, come nella disciplina delle norme transitorie contro l'imitazione dei prodotti: in 10 anni 6 normative diverse».
Ai protagonisti del 3° Luxury Summit sarà dedicata la speciale puntata di Voci d'impresa, il programma che andrà in onda su Radio 24 domenica prossima alle 20.15.
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29/06/2011
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