di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 8 lug. - Difficoltà burocratiche e barriere non tariffarie sono il più grande scoglio per l'export italiano in Cina. Soprattutto per l'industria casearia italiana, che nel Dragone è al quinto posto al mondo, a ridosso di quella francese, ma ancora lontana dai volumi statunitensi, australiani e soprattutto neozelandesi, in cima alla classifica. Lo rivelano ad Agi China alcuni tra i più importanti esponenti dell'industria casearia italiana, a margine del secondo forum sulla Sicruezza Alimentare tra Italia e Cina che si tenuto oggi presso l'ambasciata italiana in Cina, organizzato in collaborazione con China Food and Drug Administration, Agenzia ICE, Camera di Commercio Italiana in Cina e China Economic Net. Nei primi tre mesi del 2014 le esportazioni sono cresciute in maniera significativa: il 59% in più nei volumi e il 69% in più in valore rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. tra i dati più significati c'è quello dell'export dei formaggi, che nel 2013 ha sfondato per la prima volta il tetto dei sei milioni di euro, realizzando un aumento del 26% su base annua, ma proprio le barriere commerciali hanno rappresentato nel periodo aprile-giugno un handicap pesante per le industrie del settore.
"Dopo i primi tre mesi abbiamo avuto un blocco di esportazioni dall'Italia alla Cina per un problema nelle liste delle aziende che possono esportare i loro prodotti, e poi finalmente la situazione si è sbloccata - afferma Paolo Zanetti, vice presidente di Asso Latte, l'associazione che riunisce gli imprenditori dell'industria casearia italiana- Quest'anno avremo un buco di esportazioni di tre mesi, da marzo a giugno. Questo dato ora positivo, a fine anno potrebbe non esserlo così tanto. Non sono tre mesi, però, che bloccano un flusso continuo. I numeri sono ancora molto piccoli, ma nel mercato cinese c'è molto interesse per il latte".
Nonostante i proclami del governo cinese e l'impegno in prima persona del presidente Xi Jinping sulla necessità di sburocratizzare il sistema cinese e rimuovere i formalismi ritenuti superflui, restano ancora molte le difficoltà burocratiche da superare per le aziende straniere che vogliano esportare in Cina i loro prodotti. "Chiediamo che dopo la firma degli accordi bilaterali, e una volta appurata la fiducia reciproca per le pratiche messe in atto, quelli che sono impedimenti di tipo burocratico vengano rimossi - spiega Vittorio Zambrini, direttore Qualità, Innovazione Sicurezza e Ambiente di Granarolo - Per due mesi e mezzo le imprese italiane non hanno potuto esportare in Cina perché c'è stato un impedimento burocratico sulla registrazione degli stabilimenti. E 140 stabilimenti italiani per due mesi e mezzo non hanno esportato niente per un impedimento burocratico. Certe cose dovrebbero essere superate con maggiore agilità".
Non ci sono solo i cavilli della burocrazia a fare inarcare il sopracciglio degli industriali del latte. Un problema ancora più grosso è rappresentato dalle barriere di accesso al mercato interno cinese, in particolare quelle non tariffarie, soggette ai cambiamenti normativi, che rappresentano un altro scoglio per le esportazioni, con la possibilità di ripercussioni economiche sugli esportatori stessi. "Le difficoltà più grosse sono sempre le barriere non tariffarie, come, per esempio, quando cambia la legislazione o l'etichettatura - continua Zanetti - Quello che vorremmo è chiarezza nel diritto e nell'etichettatura: non è possibile dovere periodicamente cambiare l'etichetta o non avere chiarezza sul prodotto che si esporta, con il rischio di pesanti danni economici nel caso in cui il prodotto venga bloccato in dogana. Questi fattori frenano molto le nostre esportazioni. Le barriere non tariffarie - non solo in Cina, ma anche in altri Paesi - sono il problema più grosso che esiste".
Il mercato cinese è stato attraversato negli scorsi anni da scandali avvenuti proprio nel settore caseario, come nel caso del latte alla melanina del 2008, che ha provocato la morte di sei bambini e oltre trecentomila intossicati, o come nel caso del ritiro di tonnellate di prodotti provenienti dalla neozelandese Fonterra, lo scorso anno, proprio a causa di una mancanza di controlli adeguati all'origine. "Senza falsa modestia possiamo dire che in tema di sicurezza alimentare siamo tra i primi Paesi al mondo - afferma Zanetti - Abbiamo metodologie che vengono prese a esempio in tanti Paesi europei e non europei. Sicuramente questi scandali hanno fatto scoprire al consumatore cinese che esistono i prodotti italiani e il latte italiano, e che sono di grande qualità, perché i nostri sono prodotti ad alto valore aggiunto. E' vero che sono tra i più cari, ma a fronte di un prodotto più caro hai un prodotto sicurissimo". I dati di crescita nel settore, nonostante le percentuali lusinghiere degli aumenti, si muovono ancora su cifre piuttosto basse per le imprese italiane, secondo Zambrini. "Il mercato cinese è un grandissimo mercato e l'Italia, nonostante gli ultimi dati, esporta ancora decisamente poco rispetto ad altri Paesi. Ci aspettiamo di aumentare in maniera significativa queste esportazioni perché abbiamo la capacità, il know how e la qualità dei prodotti per poterci arrivare".
8 luglio 2014
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