Tra Obama e Hu più business che diritti
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Tra Obama e Hu più business che diritti

Tra Obama e Hu più business che diritti

Il vertice Usa-Cina - L'INCONTRO DI WASHINGTON
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NEW YORK. Dal nostro corrispondente
Non che la montagna abbia partorito il topolino, ma di certo la visita di stato di ieri di Hu Jintao a Washington è stata definita più dalla politica dei piccoli passi, della continuità – in materia commerciale, valutaria e dei diritti umani – che dalle grandi svolte. La piattaforma comune, solida, resta quella «cooperazione nel rispetto reciproco» prioritaria su tutto il resto. È la piattaforma del resto sulla quale i due paesi hanno costruito un rapporto economico che ha portato allo sviluppo in Cina e ha consentito all'America di raggiungere un livello di esportazioni verso Pechino pari a 100 miliardi di dollari all'anno.
Detto questo, Barack Obama è stato ieri molto più deciso che in passato nell'ammonire la Cina ad aprire nel suo stesso interesse ai diritti civili, alle libertà di stampa e di espressione, alla democrazia, ha menzionato – cosa che non aveva fatto nell'incontro del 2009 a Pechino - il Tibet e l'importanza del dialogo con il Dalai Lama. Su alcune tematiche fondamentali c'era disaccordo prima di questo vertice e continuerà ad esserci dopo.
Una visita iniziata in mattinata sui prati della Casa Bianca, un benvenuto con 21 colpi di cannone, parata militare, inni nazionali. Poi gli incontri di lavoro. Obama in conferenza stampa ha chiarito di aver puntato molto sull'apertura dei commerci prima ancora che su concessioni in materia valutaria: «Il problema della sottovalutazione del renminbi resta centrale, ma dobbiamo anche pensare ad altri modi in cui potremo migliorare le nostre esportazioni, la protezione della proprietà intellettuale, l'eliminazione di barriere all'ingresso che penalizzano il nostro export e quello di altri paesi». Poi l'incontro con gli uomini d'affari americani e cinesi. L'annuncio è stato a effetto: le aziende cinesi hanno firmato 70 contratti per 25 miliardi di dollari in importazioni da 12 stati americani. Inoltre sono stati siglati 12 contratti di investimento per un valore di 3,24 miliardi. La parte del leone l'ha fatta la Boeing, che ha ricevuto un ordine da 19 miliardi di dollari per 200 velivoli che saranno consegnati fra il 2011 e il 2013. Quest'ordine da solo contribuirà al sostentamento di 100mila posti di lavoro nel settore aeronautico, non solo alla Boeing ma in tutto l'indotto.
Complessivamente stiamo parlando di circa 45 miliardi di dollari di acquisti dagli Stati Uniti, senza contare le ipotesi di investimenti diretti per svariati miliardi di dollari. La cifra è impressionante, consentirà la creazione di 235mila nuovi posti di lavoro in America.
Fra gli altri, nel pubblico di una quarantina di manager, c'erano Steve Ballmer, amministratore delegato di Microsoft, e Jeffrey Immelt, chief executive di General Electric. Fra i due il più soddisfatto era Immelt, che ha annunciato ieri accordi con Pechino per svariati miliardi, dai prodotti ferroviari agli impianti per la depurazione del gas. Ge e China South Locomotive & Rolling Stock Corporation stanno valutando la possibilità di una joint-venture negli Stati Uniti per produrre treni elettrici ad alta e media velocità. Secondo Ge questo business potrebbe creare fino a 3.500 posti di lavoro in America. Ge ha inoltre accettato di produrre e fornire componenti per almeno 500 locomotive in Cina.
Ballmer invece, come sempre diretto, ha preso la parola nella sala dell'Old Executive Building della Casa Bianca e ha detto direttamente a Hu che un cinese su dieci usa i prodotti software della Microsoft in violazione dei diritti di copyright. Un danno ovviamente enorme per il colosso americano dell'economia digitale.
In serata la cena di stato, il brindisi e un piccolo sgarbo al presidente cinese: né il capo della maggioranza al senato Harry Reid né il presidente della Camera John Boehner erano presenti in segno di protesta contro gli eccessi di esportazioni cinesi in America grazie a concorrenza secondo loro sleale. «Se non non verranno non chiedete spiegazioni a me, chiedetele al presidente Obama» ha detto Hu in conferenza stampa. Una conferenza stampa difficile, appesantita dal mancato funzionamento della traduzione simultanea che ha creato confusione e ritardi. Dopo un primo momento di tensione – Hu Jintao non aveva risposto a una domanda americana sui diritti civili – si è capito che il problema era del sistema di traduzione.
Poi tutto si è chiarito: «Ora che ho capito il senso della domanda posso rispondere – ha detto Hu - la Cina riconosce l'importanza dei diritti umani... ma resta un paese in via di sviluppo con riforme difficili davanti a sé, continueremo a promuovere la democrazia e il rispetto della legge e siamo aperti a imparare gli uni dagli altri...ma la Cina è pronta ad aprire un dialogo sulla base del rispetto reciproco e della non interferenza....».
Obama ha detto di aver parlato in modo «candido» a Hu: «È vero che ci sono differenze...ma ci sono valori centrali per gli americani, la libertà religiosa, di parola, che trascendono la cultura... È innegabile che in Cina negli ultimi 30 anni c'è stata una evoluzione e forse fra 30 anni avremo visto altre evoluzioni...». Come dire: la strada sarà ancora lunga.
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HU ARRIVA SENZA LA FIRST LADY
Il presidente Barack Obama (a destra nella foto grande) ha accolto Hu Jintao ieri mattina alla Casa Bianca con una ricca cerimonia fatta di colori, musica e una salva di 21 colpi di cannone. Il presidente cinese non era accompagnato dalla moglie Liu Yongqing (in alto, infatti, è ritratto da solo con la coppia americana), il che ha provocato l'imbarazzo di Michelle Obama, sola sul tappeto rosso a seguire i due uomini-capi di Stato per il cerimoniale d'accoglienza. Nella foto al centro, Hu Jintao saluta Sasha, la figlia di Obama sorridente in mezzo alla folla. In basso, i due presidenti con Jim McNerney, amministratore delegato e presidente della Boeing
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Business
Intese redditizie
Le due potenze hanno raggiunto accordi commerciali per 45 miliardi di dollari: la Cina comprerà 200 Boeing per un valore di 19 miliardi da consegnare fra il 2011 e il 2013, 70 aziende cinesi hanno siglato contratti per 25 miliardi in 12 stati americani, cui si aggiungono ulteriori 11 contratti di investimento del valore di 3,24 miliardi di dollari. Tutto questo creerà 235mila posti di lavoro negli Stati Uniti

Valute
Le richieste sullo yuan
Il governo cinese «è intervenuto con forza sullo yuan» ma «servono ulteriori aggiustamenti» nel tasso di cambio della moneta, che resta sottovalutata. Obama lo ha detto senza mezzi termini: «Vogliamo che il suo valore sia guidato dal mercato». In Cina, ha aggiunto, una nuova politica sullo yuan farebbe «aumentare la domanda interna e allentare le pressioni inflazionistiche»

Diritti
Un tema spinoso
Quello dei diritti umani è un tema «molto sentito dalla Cina, che ha fatto enormi progressi al riguardo», e che deve essere affrontato «riconoscendo e rispettando il diritto alla sovranità»: Hu Jintao lo ha sottolineato nella conferenza stampa congiunta alla Casa Bianca, dopo che Obama ha dichiarato di essere stato «molto franco» sul tema con il suo interlocutore: «Ogni tanto ci sono tensioni»

Tibet
Dialogo con il Dalai Lama
«Gli Stati Uniti riconoscono il Tibet come parte della Repubblica popolare cinese», ha detto Obama, ma «suggeriscono un dialogo tra la Cina e il Dalai Lama per appianare i contrasti nel preservare l'identità religiosa e culturale del popolo tibetano». Alcuni manifestanti hanno sventolato le bandiere del Tibet e invocato un «Tibet libero», ma la cerimonia è andata avanti senza intoppi

Nord Corea
Il programma nucleare
«Siamo d'accordo che la Corea del Nord deve evitare ulteriori provocazioni», ha detto il presidente americano, specificando di aver sottolineato a Hu che «il programma nucleare e missilistico di Pyongyang è sempre più una minaccia diretta alla sicurezza degli Stati Uniti e dei loro alleati». Un programma, ha concluso Obama, con il quale il paese viola le leggi internazionali


20/01/2011
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