Pechino, 18 giu.- Le imbarazzate smentite ufficiali diffuse giovedì si sono ben presto rivelate un maldestro tentativo di prendere tempo: gli operai della Toyoda Gosei Co. di Tianjin, uno dei fornitori cinesi di Toyota, sono in sciopero da ieri, e i negoziati per ottenere un aumento del salario proseguono. "La produzione in Cina non ha ancora risentito delle agitazioni" ha dichiarato da Tokyo la portavoce della casa automobilistica Ririko Takeuchi ma se gli scioperi proseguono Toyota potrebbe presto trovarsi nella stessa condizione di Honda, le cui linee produttive sono rimaste paralizzate per più di una settimana in seguito alle astensioni in due fabbriche di componentistica. E la situazione della stessa Honda, che ha rinegoziato il contratto con gli operai dei due stabilimenti del Guangdong che avevano dato il via all'ondata di scioperi, è tutt'altro che normalizzata: alla Honda Lock Co. gli operai potrebbero tornare a incrociare le braccia oggi stesso se le contrattazioni non dovessero andare a buon fine. "Il modello 'Made in China' si trova ad un punto di svolta" scriveva ieri il Quotidiano del Popolo, e dopo 32 anni di riforme economiche quella del 2010 potrebbe essere ricordata come la prima "primavera calda" degli operai cinesi: dagli impianti automobilistici del Guangdong a quelli di Tianjin, fino ai lavoratori della Kentucky Fried Chicken del Liaoning, gli scioperi si stanno diffondendo in alcuni dei maggiori centri produttivi del Paese. Una fabbrica di proprietà della Xiaotian Industrial che si trova a pochi chilometri dalla Honda Lock ha concesso la scorsa settimana un aumento di 250 yuan mensili (circa 30 euro) prima che i lavoratori decidessero di seguire l'esempio dei vicini e lo stesso ha fatto un altro fornitore Toyota della zona di Tianjin, la Tianjin Star Light Rubber and Plastic Co., dopo che gli operai avevano brevemente incrociato le braccia martedì scorso; dall'inizio dell'anno sono più di 20 le province e le città cinesi che hanno innalzato i salari minimi, ma con un costo della vita sempre più alto -l'inflazione del mese di maggio si è attestata al 3.1%- e una maggiore consapevolezza sempre più diffusa tra la forza lavoro proveniente dalle campagne, questi aumenti non sembrano più sufficienti. Il governo, peraltro, sta evitando qualsiasi confronto diretto con gli operai e guarda con favore alle concessioni che i management delle aziende, soprattutto straniere, stanno accordando agli scioperanti: "I lavoratori della nuova generazione non possono essere soddisfatti dalle stesse dure condizioni accettate in passato dai loro genitori" ha dichiarato martedì scorso il premier Wen Jiabao, da sempre attento a coltivare la sua immagine di leader vicino alle esigenze del popolo. L'editoriale pubblicato ieri sul Quotidiano del Popolo, che riflette la posizione ufficiale del Partito Comunista Cinese, ammoniva che l'accorciamento delle distanze tra i ricchi e i poveri è necessario per "mantenere la stabilità sociale nel Paese": dopo la "primavera calda", il punto di svolta per il modello "Made in China" appare sempre più vicino.
© Riproduzione riservata