Tokyo si ferma e la Cina sorpassa
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Tokyo si ferma e la Cina sorpassa

Tokyo si ferma e la Cina sorpassa

Scenari globali - LA CORSA CINESE
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1.337 contro 1.288, in miliardi di dollari: nel secondo trimestre il valore del Prodotto interno cinese ha superato quello giapponese, in seguito alla sorpresa di una performance deludente - +0,4% annualizzata e +0,1% sul trimestre precedente – dell'economia del Sol Levante e a un 10,3% di crescita cinese. Con non poco imbarazzo, lo stesso governo nipponico ha dovuto ammettere ieri il sorpasso storico di Pechino, che scalza il Sol Levante, nella classifica delle più grandi economie mondiali, dal secondo posto conquistato nel 1968 (superando la Germania Ovest dell'epoca).
Uno «scavalcamento» che – secondo le previsioni di quasi tutti gli economisti fino a un paio di anni fa – avrebbe dovuto compiersi solo tra alcuni anni: la recente crisi finanziaria globale ha accelerato il trend, in quanto il Giappone ne è stato colpito in modo particolare, mentre la Cina ha saputo resistere mantenendo lusinghieri tassi di crescita. A un segretario dell'ufficio di gabinetto, Keisuke Tsumura, è toccato precisare ai cronisti che comunque, per una corretta comparazione tra i due paesi, occorrerebbe aspettare la fine dell'anno, in quanto le statistiche cinesi non sono ponderate sui fattori stagionali; inoltre nell'arco del primo semestre Tokyo batte ancora Pechino per 2.587 a 2.532 miliardi di dollari. Anche il ministro delle politiche economiche e fiscali, Satoshi Arai, ha cercato di minimizzare: «In fondo lo sviluppo del nostro paese segue da vicino quello della Cina e degli altri paesi asiatici: questo è parte della nostra strategia». Non ci sarebbe da preoccuparsi per una crescita del vicino alla quale il Giappone partecipa, né da sentirsi umiliati da un evento meramente simbolico, tanto più che, in base alle classifiche basate sul potere d'acquisto, la Cina aveva già superato il Giappone nel 2001.
Il punto vero è un altro: mentre Pechino continua a bruciare le tappe della sua ascesa globale – dopo aver superato la Germania l'anno scorso come principale paese esportatore e gli Usa come primo mercato mondiale dell'auto – sul Giappone si materializza lo spettro di un possibile ritorno della recessione. Lo hanno registrato le Borse – su cui ha pesato ieri la prospettiva di un "double dip" nipponico coniugato ai segnali di rallentamento della ripresa Usa – con la significativa eccezione in Asia del mercato cinese.
Dopo la corsa a un tasso annualizzato del 4,4% (rivisto ieri leggermente in ribasso) nel primo trimestre, la locomotiva nipponica ha rallentato fin quasi a fermarsi a causa della sostanziale piattezza di consumi e investimenti e a un aggiustamento delle scorte: la spinta è arrivata solo dalle esportazioni (cresciute del 5,9%, sia pure un po' meno rispetto al precedente 7%), comprese quelle verso l'Europa. In termini nominali, l'economia si è addirittura contratta – per la prima volta in tre trimestri – dello 0,9% sul trimestre precedente (ovvero del 3,7% annualizzato), evidenziando ancora una volta il problema irrisolto della deflazione. «I dati sono assai inferiori alle attese del +2,3%: la modestia della crescita è attribuibile principalmente al progressivo esaurimento degli effetti degli stimoli fiscali e a un minore contributo positivo dalla domanda netta esterna – afferma Seiji Shiraichi della Hsbc – nel terzo trimestre il Pil potrebbe accelerare per il rush finale dei consumatori, prima della scadenza finale degli incentivi per le auto ecologiche a settembre. Ma il Pil reale probabilmente ristagnerà nella seconda metà dell'anno fiscale».
A questo punto, secondo indiscrezioni filtrate ieri, il governo del premier Naoto Kan sta preparando nuove misure per contrastare l'indebolimento dell'economia e gli effetti del superyen: gli incentivi "ecologici" all'acquisto di beni di consumo durevole potrebbero forse essere estesi. Diventano scontate nuove pressioni sulla Banca centrale (BoJ) perché la politica monetaria offra un supporto più incisivo. «Ormai la BoJ dovrà rivedere al ribasso le sue stime - ritiene Yonosuke Ikeda di Nomura – sarà la premessa per un ulteriore piccolo allentamento. Gli spazi di manovra sono limitati: solo se lo yen dovesse rafforzarsi fino a circa 82-83 sul dollaro (dall'attuale 85-86) la BoJ potrà prendere decisioni audaci che rappresenterebbero un cambiamento di strategia, ad esempio con un aumento dell'acquisto di titoli pubblici».

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L'Ipo record di Agricultural Bank of China
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49 miliardi
La differenza
I miliardi di dollari in più di Pil registrati dalla Cina nel secondo trimestre 2010: sono stati 1.337 i miliardi di Pil cinese, 1.288 quelli di prodotto interno lordo giapponese
0,4%
Una sorpresa
La piatta perfromance - su base annua - del Pil del Giappone nel secondo trimestre
10,3%
Una conferma
Il balzo della crescita cinese che ha consentito il sorpasso

17/08/2010
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