Pechino, 7 nov.- Un nuovo incidente rischia di incrinare le relazioni tra Cina e Giappone. E al centro della controversia tra le due principali potenze asiatiche è ancora una volta un peschereccio. A poco più di un anno dall'incidente che portò all'arresto del capitano della nave da pesca cinese sorpresa a navigare nelle acque contese al largo delle isole Diaoyu/Senkaku e che portò al congelamento dei rapporti diplomatici tra Tokyo e Pechino (questo articolo), la scena si ripete. Domenica le autorità giapponesi hanno arrestato il capitano di uno dei due pescherecci cinesi trovati in acque nipponiche. A far scattare le manette, riferisce il governo del Sol Levante, il rifiuto dell'uomo di sottoporsi alle ispezioni previste. L'accusa a suo carico è quella di violazione della legge sulla pesca in zone economiche esclusive giapponesi.
Zhang Tianxiong - questo il nome del quarantasettenne capitano del peschereccio - si trovava a 60 kilometri di distanza dalle isole Goto, a sud ovest del Giappone, quando una motovedetta nipponica ha intimato all'uomo di fermare l'imbarcazione affinché fosse sottoposta a un controllo. Il peschereccio è però fuggito ignorando l'ordine dei guardacoste che hanno rincorso per 4 ore l'imbarcazione.
"Gestiremo il caso nel modo più opportuno e secondo quanto previsto dalla legge nazionale. Il ministro degli Esteri e le autorità costiere sono già al lavoro per raccogliere tutte le informazioni necessarie" ha dichiarato il capo di Gabinetto Osamu Fujimura nel corso di una conferenza stampa. Fujimura ha inoltre spiegato che il governo di Tokyo ha provveduto a informare Pechino dell'arresto dell'uomo attraverso canali diplomatici. Sebbene dalla Cina non sia arrivata ancora nessuna replica, si teme già che la vicenda dello scorso anno possa tornare a ripetersi con tutte le conseguenze del caso.
Alla collisione avvenuta lo scorso anno al largo delle isole Diaoyu - oggetto di una storica contesa territoriale e ricche di petrolio e gas naturale - seguì l'arresto dell'equipaggio, rilasciato subito dopo, e del capitano dell'imbarcazione Zhan Qixiong, trattenuto invece per oltre 15 giorni sull'isola di Ishigaki con l'accusa di aver intenzionalmente provocato l'urto. La mossa fece infuriare Pechino che non esitò a congelare i rapporti bilaterali a livello ministeriale e a cancellare tutti gli incontri con il Sol Levante già fissati in agenda, dando vita così a un lungo braccio di ferro. E sono in molti a ritenere che per ottenere il rilascio del capitano, il Dragone abbia bloccato le esportazioni verso il Giappone di "terre rare" - minerali di cui la Cina detiene circa il 97% della produzione mondiale e indispensabili nella fabbricazione di merci come computer, iPhone, lampadine a basso consumo e componenti per le pale eoliche -, paralizzandone così la produzione.
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