Tessile a caccia di materie prime
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Tessile a caccia di materie prime

Tessile a caccia di materie prime

I nodi dell'industria - LE TENSIONI SUI MERCATI
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Cotone al record storico, lana ai massimi biennali, seta grezza a quotazioni che non si vedevano dalla metà degli anni '90, cashmire raddoppiato di prezzo nel giro di pochi mesi, fibre sintetiche in forte tensione, sull'onda dei rialzi del petrolio. Lo scenario dei rincari delle materie prime è già di per sè desolante per l'industria tessile italiana. Il problema, però, è che le fibre non si trovano. In alcuni casi, neppure a pagarle oro.
Una carenza così acuta e generalizzata – che non riguarda solo l'Italia, ma viene avvertita in tutto il mondo – non ha probabilmente alcun precedente nell'era moderna. E di giorno in giorno si sta trasformando in una vera e propria emergenza per le nostre imprese, che solo recentemente hanno cominciato ad assistere ad un timido risveglio della domanda.
Le carenze più drammatiche vengono denunciate per il cotone e per la lana: fibre di cui molte filature non riescono da qualche tempo ad ottenere nemmeno le forniture già concordate. Con buona pace della sacralità dei contratti. Secondo segnalazioni raccolte dal Sole 24 Ore, nel caso della lana sarebbero gli esportatori australiani – leader nel mondo – ad accumulare ritardi fino a sei mesi nelle consegne, mentre per il cotone ci sarebbero intoppi soprattutto con le forniture egiziane, molto apprezzate per la loro elevata qualità. In entrambi i casi il sospetto è che la merce destinata ai clienti italiani venga dirottata sul mercato a pronti, dove il prezzo è oggi enormemente più alto di quello contrattuale, che era stato concordato prima del rally.
Se così fosse, si tratterebbe di una grave forma di speculazione, che per alcune fibre si aggiunge a quella che imperversa sui mercati finanziari: se nel caso della lana non esistono futures – e dunque è impossibile addossare agli hedge funds la colpa dei rincari – è facile immaginare che i fondi di investimento abbiano quanto meno accelerato la cavalcata del cotone sodo all'Intercontinental Exchange (Ice), dove le quotazioni sono raddoppiate nel giro di un anno scarso, fino a un picco storico superiore a 1,5 dollari per libbra.
«Stiamo assistendo a vere e proprie forme di accaparramento», conferma Michele Tronconi, imprenditore tessile e presidente di Sistema Moda Italia. «La speculazione non è solo finanziaria. C'è anche una forma di speculazione industriale, dinamiche che dovrebbero interessare il G-20. Nessun paese si può ancora dire del tutto al sicuro dopo la crisi, nemmeno la Cina. Così, chi ha le materie prime spesso se le tiene e preferisce esportare il prodotto finito. L'export di cotone dall'India è completamente bloccato, mentre il Pakistan tra gennaio e luglio, prima quindi di essere colpito dalle alluvioni, aveva un dazio del 15% sui filati di cotone. Dalla Cina qualcosa arriva, ma solo se si è disposti a pagare molto caro, prezzi probabilmente molto diversi da quelli richiesti alle imprese locali».
La gravità della situazione, sottolinea Tronconi, è accentuata dal fatto che a diventare carissime e scarse non sono soltanto una o due fibre, ma quasi tutte. Diventa quindi difficilissimo sostituirle. «E anche ammesso di riuscirci, l'industria tessile ha comunque bisogno di varietà: un cappotto all'esterno è di lana, ma la fodera magari è di viscosa. Così si mette in crisi l'intero sistema».
Proprio la spinta alla sostituzione del cotone sarebbe il principale motore dei recenti rincari subìti da alcune fibre "man-made", ossia fabbricate dall'uomo: tra settembre e ottobre la Smi ha rilevato rialzi del 15% per le fibre artificiali (come la viscosa), mentre quelle sintetiche si sono apprezzate dell'1,6%, ma rischiano di rincarare ulteriormente, dopo il rally che nei giorni scorsi ha portato il petrolio ai massimi da due anni.
Per seta e cachemire l'allarme sulla scarsità era già suonato fin dalla scorsa primavera. In entrambi i casi, oltre alla "solita" vorace domanda asiatica, c'erano stati problemi di ordine climatico: in particolare, le temperature troppo rigide in Cina, che avevano fatto strage tanto di bachi da seta quanto di pecore (con greggi addirittura dimezzate nella Mongolia Interna, origine ormai di moltissimo cashmire). La seta grezza aveva toccato un massimo da 15 anni in aprile in Cina, mentre il cashmire – analogamente al cotone – è raddoppiato di prezzo rispetto all'inizio dell'anno.
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14/11/2010
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