Pechino, 15 apr. – Ieri mattina, alle 7:49, ora di Pechino, una scossa di terremoto di intensità pari a 7.1° della scala Richter colpiva la remota prefettura di Yushu, nella provincia cinese del Qinghai. A seguire, 25 altre scosse di minore intensità, di cui una raggiungeva i 6,3°. Le 24 ore successive alla calamità sono le più critiche: in una situazione di emergenza, "per salvare il salvabile", è indispensabile agire con tempismo. La notizie che si leggono sulla stampa ufficiale e che proliferano in internet parlano di 400 morti e 10000 feriti, ma il bilancio delle vittime è destinato a salire nel corso della giornata. 700 soldati e 5000 soccorritori sono già al lavoro tra le macerie; 10000 tende e 100000 coperte, assieme a medicinali, viveri e generi di prima necessità sono già in viaggio verso le zone colpite. L'epicentro del terremoto è stato localizzato a 33 chilometri di profondità, in prossimità della città di Gyegu (o Jiegu): 100000 abitanti, sede del governo della prefettura di Yushu, il 90% delle abitazioni del nucleo urbano e il 70% delle scuole rase al suolo secondo quanto comunicato dalla Croce Rossa locale. Su Danwei, portale di informazione sulla Cina, è tradotta una radiocronaca a cura di Wang Jian di China National Radio che racconta: "una caratteristica del terremoto di Yushu è che ha avuto luogo in una regione dove le strutture della maggior parte delle case sono in fango e legno, quindi poco resistenti ad un terremoto. Quando la scossa arriva, queste case crollano. Ma il totale dei morti è inferiore a quelli che si registrano se le strutture sono in cemento; in questo caso è il numero dei feriti ad essere elevato. Pertanto, ora, nella regione c'è bisogno di ospedali e unità di soccorso che mettano in salvo e curino i feriti". Il lavoro delle squadre di soccorso si preannuncia particolarmente difficile: situata ad un'altitudine media di 4493 metri, l'intera area – secondo le statistiche – offrirebbe un livello di ossigeno tra un terzo e la metà di quello a livello del mare. "I soccorsi ad alta quota implicano un compito più impegnativo per le squadre di soccorso, per l'insufficienza di ossigeno" ha confermato He Xiong, direttore del Beijing Center for Desease Prevention and Control, che nel maggio 2008, all'indomani del terribile terremoto che devastò il Sichuan e totalizzò 88000 vittime, era stato impegnato in prima linea a gestire i lavori. E se la morfologia del territorio e le rigide condizioni climatiche (per i prossimi giorni si attende addirittura la neve) costituiscono un punto a sfavore, il danneggiamento delle principali vie di comunicazione certo non agevola le operazioni di soccorso. Fortunatamente però, l'aeroporto di Yushu è operativo. La portavoce della Civil Aviation Administration of China (CAAC) ha riferito che "solamente i sistemi di comunicazione sono stati danneggiati; pertanto, mediante l'utilizzo di segnali radio e generatori elettrici, l'aeroporto è funzionante e, sebbene la piccola taglia, è destinato ad avere un ruolo chiave nelle attività di salvataggio". Il Presidente Hu Jintao e il Premier Wen Jiabao hanno inviato i propri messaggi di cordoglio (così come sono giunti quella della comunità internazionale) e hanno raccomandato di non risparmiare alcuno sforzo nelle ricerche e nelle attività di soccorso, nell'interesse delle vittime. Nalla tarda serata di ieri, per monitorare la situazione e supervisionare le operazioni, sul luogo è arrivato il Vice-Premier Hui Liangyu. La mente ritorna involontariamente al 12 maggio del 2008. In quel frangente il popolo cinese aveva dato prova di forte solidarietà e la classe dirigente aveva dimostrato la propria capacità di gestire la situazione. Non che ci si possa vantare di questo tipo di abilità, ma in questo caso l'esperienza aiuta.
Si attende un nuovo sforzo collettivo: la leadership e i 13 milioni di cinesi sono tutti chiamati in causa a dare il proprio contributo, per dimostrare che il Paese è unito, anche nel dolore.