Roma, 2 mar. – Si inasprisce il dibattito sulle terre rare tra Cina e Unione Europea. Secondo recenti indiscrezioni da persone vicine alla Commissione Ue, le restrizioni di Pechino sulle materie prime sarebbero contrarie alle regole della WTO e se le voci saranno confermate l'Unione Europea avrà tutte le carte per procedere contro la Cina anche in materia di tagli all'export di terre rare (questo articolo e questo articolo), minerali essenziali in alcuni settori, come quello hi-tech.
La procedura contro i limiti imposti sulle esportazioni di materie prime dalla Cina è stata aperta nel 2009 dal Messico, cui si sono immediatamente uniti Usa e Unione europea, e dovrebbe trovare una soluzione al più tardi durante l'estate. E proprio qualche settimana fa, il comitato di esperti incaricato di esaminare il caso dal Wto ha consegnato una relazione preliminare sulla questione destinata a rimanere top secret ma che, hanno assicurato fonti vicine al dossier, sarebbe sfavorevole alla posizione cinese.
In particolare, il dossier ha esaminato le restrizioni cinesi su un gruppo di nove materie prime utilizzate principalmente nel comparto chimico. Se, come sembrano confermare le ultime indiscrezioni, il Wto darà ragione a Messico, Stati Uniti e Ue, i Paesi europei avranno una base legale per procedere contro la Cina anche in materia di limitazioni alle terre rare. L'anno scorso la Commissione europea ha cominciato a studiare la legalità delle politiche cinesi sui tagli all'export dei preziosi metalli accusando il Dragone di favorire una concorrenza sleale da parte delle imprese cinesi a danno di quelle straniere. Da queste accuse Pechino si è sempre difesa appellandosi alla necessità del Paese di tutelare le risorse e ridurre l'inquinamento ambientale.
Intanto però, nell'attesa di un pronunciamento definitivo, l'Agenzia di stato Xinhua ha dedicato oggi un lungo articolo alla questione, nell'intento di ribadire che le norme stabilite da Pechino mirano essenzialmente alla tutela ambientale e a uno sfruttamento più razionale delle risorse. Solo due giorni fa, il ministero della Tutela Ambientale cinese ha reso noti i nuovi "standard sulle emissioni dell'industria delle terre rare" che entreranno in vigore il 1 ottobre 2011. Queste nuove norme fissano limitazioni ancora più restrittive alle emissioni di inquinanti industriali e rafforzano il monitoraggio e la supervisione statale. Allo stesso scopo, il governo ha già definito 11 zone a estrazione pianificata nell'intento di preservare l'ambiente (questo articolo). Secondo gli amministratori cinesi, questi standard contribuiranno a regolarizzare il settore, spingendo le imprese cinesi non a norma a scegliere di adeguarsi o a chiudere definitivamente. "Queste nuove regole – ha evidenziato Lin Donglu, segretario generale della China Society of Rare Earths – esigono in alcuni punti standard ancora più elevati di quelli dei Paesi occidentali". L'esperto ha anche respinto le accuse mosse alla Cina, puntualizzando che gli standard richiesti sono esattamente gli stessi sia per le imprese cinesi che per quelle straniere e aggiungendo inoltre che sono "conformi alle regole della Wto".
L'Organizzazione mondiale del commercio, da cui raramente arrivano commenti sulle dispute in corso, ha tuttavia già apertamente messo in dubbio il fatto che i tagli di Pechino sulle materie prime mirino al raggiungimento degli obiettivi prefissati o piuttosto favoriscano semplicemente i produttori cinesi. Il rapporto preliminare sulla questione è stato già consegnato alle parti in causa e resterà confidenziale fino alla pubblicazione in aprile. Entrambi le parti potranno appellarsi e nel caso in cui la Cina ne esca sconfitta sarà costretta a rivedere le misure restrittive per non incorrere in sanzioni. Nel frattempo, circa un mese fa, anche gli Stati Uniti hanno paventato la possibilità di contestare i tagli della Cina all'export di terre rare presso la Wto.
di Miriam Castorina
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