Tedeschi a lezione di consumi cinesi
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Tedeschi a lezione di consumi cinesi

Tedeschi a lezione di consumi cinesi

Oltre la crisi. La Germania moltiplica le strategie volte a soddisfare la domanda dei mercati-salvagente
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Beda Romano
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
In marzo Volkswagen ha venduto in Cina 112mila auto, un record storico. In tempi di recessione, il grande mercato cinese è considerato il salvagente mondiale. E non solo nelle infrastrutture: le imprese tedesche guardano con crescente interesse ai consumi, tanto che di recente la Asien-Pazifik-Ausschuss der Deutschen Wirtschaft, un'associazione imprenditoriale tedesca, ha chiesto «un nuovo partenariato» tra la Germania e il continente asiatico.
È in questo contesto che Dan Mintz, consulente americano di molte aziende europee e fondatore del Dynamic Marketing Group, ha tenuto la settimana scorsa a Berlino un seminario sul mercato cinese davanti a 1.500 direttori marketing tedeschi, austriaci e svizzeri: «Non è il momento di tagliare gli investimenti - ha avvertito - Il Paese ha un bacino di 350 milioni di consumatori, ancora molto liquidi».
Mintz ha quindi esortato i manager tedeschi a guardare lontano e ad avere coraggio. Ha ricordato loro che il campionato di pallacanestro americano, l'Nba, conta in Cina 350 milioni di telespettatori e che tre catene di fast-food (McDonald's, Kfc e Pizza Hut) stanno avendo un grande successo. Significa che c'è spazio per proporre partite di Serie A e aprire una catena di pizzerie? «Direi di sì»! risponde Mintz.
Il consulente americano ha aiutato Fendi a sbarcare sul mercato cinese. «La chiave è stata di capire il punto di contatto tra la società italiana e il consumatore locale. Troppo spesso vedo a Pechino o a Shanghai negozi occidentali vuoti. Non basta offrire i propri prodotti, bisogna adattarli al mercato, rispettando usi e costumi. Ai miei interlocutori dico sempre che per lavorare in Cina è importante parlare cinese. Ancor più importante è capire il cinese».
Racconta Mintz che la prima campagna della Pepsi aveva come slogan "Come alive with the Pepsi Generation". Tradotto in cinese significava "Pepsi riporta in vita dalla tomba i vostri antenati". La formula fu cambiata. Lo stesso per Coca-Cola. Il nome in un primo tempo era pronunciato "ke-kou-ke-la", in altre parole: "Cavallo femmina piena di cera". Dopo molte ricerche l'equivalente fonetico fu modificato in "ko-kou-ko-le", "felicità in bocca".
La Germania, tutta rivolta alle esportazioni di beni strumentali, sta soffrendo più di altri a causa della recessione mondiale, e guarda alla Cina con particolare speranza. Non a caso la presentazione dell'Asian Development Outlook 2009 da parte della Banca asiatica di sviluppo (Adb) ha riscosso grande interesse qualche settimana fa a Francoforte in banchieri ed economisti tedeschi, in cerca di aggiornamenti sulla situazione cinese.
«Certo, anche la Cina rallenta - sostiene Joseph Zveglich, vice capo economista della Adb, che si aspetta una crescita economica nel Paese del 7,0% nel 2009 (il Fondo monetario internazionale punta al 6,5%) -, ma la crisi sta colpendo le economie asiatiche più aperte, meno quelle più chiuse. Peraltro il mercato cinese è enorme e le opportunità restano molte, nonostante tutto. Penso ai lavori pubblici, ma anche ai beni di consumo durevoli».
L'interesse per i prodotti occidentali è elevato, ma Mintz spiega che i produttori europei non devono competere con quelli cinesi sul loro terreno. Rischiano di uscire sconfitti non solo sul fronte dei volumi, ma anche più semplicemente sul tipo di prodotto. «I marchi europei devono reinventarsi - spiega il consulente Usa -. Paradossalmente per avere successo devono diventare più sofisticati ed eleganti, puntare su un pubblico più esigente».
Insomma, la partita sul fronte delle infrastrutture è nota; meno note sono le opportunità nel commercio. A proposito: nei giorni scorsi, Porsche ha presentato la nuova Panamera, non a Ginevra o a Detroit, ma a Shanghai. La Gran Turismo quattro porte-quattro posti è lunga cinque metri. Ormai i nuovi marchi nascono in Asia, non più negli Stati Uniti, se è vero che ai ricchi cinesi piacciono le auto imponenti, magari guidate da un autista.
beda.romano@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

28/04/2009
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