Pechino, 19 apr.- Pechino continua a tagliare le sue riserve in debito pubblico statunitense per il quarto mese consecutivo: secondo quanto riportato giovedì scorso dal Dipartimento del Tesoro americano, nel mese di febbraio la Cina ha ridotto i Treasury Bonds in suo possesso di ben 11.5 miliardi di dollari, giungendo così a quota 877.5 miliardi, il livello più basso registrato negli ultimi nove mesi. Il Dragone, da un lato, rimane il primo creditore degli USA (seguito dal Giappone, con 768.5 miliardi di dollari, e dalla Gran Bretagna, con 231.7 miliardi di dollari); dall'altro, la mossa giunge proprio nel momento in cui continuano le pressioni esterne per una rivalutazione dello yuan. Secondo numerosi osservatori e analisti, però, interpretare questi tagli come segnali di un progressivo sganciamento della Cina dal finanziamento del debito pubblico americano equivarrebbe a fornire una chiave di lettura frettolosa: nelle scorse settimane alcuni funzionari della State Administration of Foreign Exchange di Pechino avevano dichiarato alla stampa cinese che, proprio in previsione di un prossimo apprezzamento dello yuan, numerose istituzioni finanziarie starebbero vendendo i loro asset all'estero per ricondurre il ricavato sui mercati nazionali; "La Cina non abbandonerà i Treasury Bonds americani solo a causa di alcune tensioni commerciali con gli USA, - ha detto recentemente Xia Bin, membro della commissione politiche monetarie della Banca Centrale e direttore dell'Istituto di Ricerche Finanziarie del Consiglio di Stato - si tratterebbe di una mossa capace di causare notevoli turbolenze sui mercati finanziari globali". Secondo una nota firmata da Kathy Lien, direttore del centro ricerche sulle valute di Global Forex Trading, la vendita di T-bonds è in linea con le frizioni commerciali in atto con gli USA, ma soprattutto con il primo deficit commerciale riportato negli ultimi sei anni e con una lenta riduzione delle riserve in valuta estera del Dragone: alla fine di marzo, infatti, le riserve cinesi ammontavano in totale a circa 2447 miliardi di dollari, segnando nel primo trimestre del 2010 un aumento pari a 47.9 miliardi di dollari, di gran lunga inferiore ai 127 miliardi rastrellati nei tre mesi precedenti. Molti esperti, inoltre, ritengono che per Pechino un cauto acquisto di titoli USA presso piazze straniere sia funzionale a ragioni di politica interna e contribuisca ad affievolire i toni polemici manifestati da alcuni settori dell'establishment del Dragone, molto critici sull'acquisizione di quote eccessive di un debito pubblico americano che garantisce ritorni sempre meno consistenti. La Cina, insomma, starebbe continuando ad acquistare Treasury Bonds su piazze terze come Londra ed Hong Kong, utilizzando diversi intermediari: "Quasi certamente i dati in possesso del Tesoro americano costituiscono una stima al ribasso della reale entità di debito pubblico USA in possesso della Cina - aveva dichiarato nel febbraio scorso Simon Johnson, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale e attualmente professore all'MIT, durante l'interrogazione della US-China Economic and Security Review Commission -, perché nel caso di titoli detenuti attraverso intermediari non è possibile stabilire con chiarezza quale paese sia effettivamente l'ultimo anello della catena. Una ragionevole ipotesi di lavoro è che attualmente la Cina detenga circa 1000 miliardi di dollari in Treasury Bonds".