Sviluppo africano made in China
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Sviluppo africano made in China

Sviluppo africano made in China

Scenari. Cresce il peso di Pechino anche nel settore bancario
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TAORMINA. Dal nostro inviato
Poco importa se entrano in campo nuovi e agguerriti concorrenti. La Cina continuerà a esercitare un ruolo dominante sull'economia africana, come ha fatto da 10 anni a questa parte. Al forum internazionale sullo sviluppo dell'Africa, promosso dalla fondazione Banco di Sicilia, con la collaborazione dell'European house Ambrosetti, l'ingombrante presenza cinese sul futuro economico dell'Africa è stato uno dei temi più dibattuti.
A spiegare al Sole 24 ore le ragioni di questo successo è Clive Tasker, amministratore delegato della sudafricana Standard Bank, la più grane banca di tutta l'Africa, presente in 30 Paesi del mondo. Clive Tasker ha una certa familiarità con gli investitori cinesi. Anche perché nel 2007 la più grande banca commerciale cinese, la Icbc, ha acquistato per 5,5 miliardi di dollari il 20% di Standard Bank, il più grande investimento mai effettuato da Pechino in Sudafrica, e uno dei maggiori di una singola compagnia cinese all'estero. «La Cina – precisa Tasker - investe in Africa da 10-15 anni, quando la maggior parte degli investitori americani ed europei non erano interessati a questo mercato. C'è quindi un non trascurabile rapporto di reciproca conoscenza. La strategia di investimento cinese, concentrata soprattutto sul settore delle commodities, è sicuramente caratterizzata dalla non ingerenza negli affari interni del Paese, o anche dei singoli settori di business. Sono più flessibili e non pongono condizioni. Ma c'è di più. Hanno una diversa concezione del rischio. Sono investitori di lungo termine e non cercano veloci ritorni. Infine non si curano dei rischi politici come l'Europa».
Tasker è convinto. Il legame commerciale, già fortissimo, tra Sudafrica e Cina è destinato a rafforzarsi ancora. Così come quello tra Pechino e l'intero continente. «Dal 2002 al 2010 il tasso di crescita del commercio tra Cina e Africa è cresciuto a una media del 33% l'anno. E non è un interscambio sbilanciato. Nel 2010 l'export verso la Cina è stato di 66,9 miliardi di dollari, molti dei quali rientravano nel settore commodities energetiche e minerarie, mentre l'import è stato di 59,8 miliardi».
«È vero. Il principale obiettivo della Cina è di accaparrarsi contratti sulle materie prime – aggiunge Jacob Kolster, direttore per il Nordafrica dell'African development Bank -. Pechino ne ha un grande bisogno per soddisfare la crescente domanda della sua economia. La Cina ha un grande vantaggio: dispone di molta liquidità, anche perché è un investitore statale, all'opposto dell'India. Certo, i risultati delle sue opere infrastrutturali alcune volte non sono stati all'altezza delle aspettative, ma comunque per i Governi di diversi Paesi africani, dove la carenza di infrastrutture è il maggiore ostacolo allo sviluppo, si è trattato di un elemento positivo».
L'Africa – precisa Kolster - offre grandi potenzialità: «Il suo tasso di crescita è stimato al 5-7% nei prossimi due anni». Ma diversi businessman presenti al forum lamentano il fatto che l'Europa sia spesso ancorata a schemi vecchi che intralciano lo sviluppo. «Alcuni Paesi africani – continua Tasker - sono divenuti dipendenti dagli aiuti allo sviluppo concessi dall'Occidente, che sono importanti ma non devono essere il solo strumento. Altrimenti risultano tossici. Per molti anni l'Occidente ha guardato all'Africa come a un recipiente di aiuti, non un luogo dove si può avere un ritorno commerciale per gli investimenti. Ma se volete che un uomo mangi per tutta la vita, non dategli il pesce, piuttosto insegnategli a pescare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

08/10/2011
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