Pechino, 10 feb.- Un video di sessanta minuti per denunciare i metodi da hooligans usati dalla polizia cinese per mettere il bavaglio ai difensori dei diritti umani: si trasferisce sul web la battaglia dell'attivista e avvocato Chen Guangcheng, attualmente agli arresti domiciliari. L'uomo, ormai noto in tutto il mondo, era stato scarcerato lo scorso settembre dopo aver scontato 4 anni di prigionia. Accusato di "incitazione alla sovversione", l'uomo è finito in manette per aver portato all'attenzione pubblica diversi episodi di aborto in stato avanzato e sterilizzazioni forzate imposti alle donne da parte di alcuni funzionari della provincia cinese dello Shandong. Una prassi molto diffusa tra le autorità delle circoscrizioni locali che cercano così di mantenere le quote-nascita al di sotto della soglia annuale fissata dal governo centrale nell'ambito della politica del figlio unico.
Secondo quanto dichiarato dall'associazione statunitense per la difesa dei diritti umani China Aid, il video sarebbe stato inviato da un esponente del governo di Pechino che simpatizza con la causa "Chen Guangcheng" al gruppo, il quale ha subito provveduto a pubblicarlo sul web. Nel filmato Chen spiega che tre squadre, composte da 22 persone ognuna, sorvegliano 24 ore su 24 la casa e la sua famiglia. All'uomo è negato qualsiasi contatto con l'esterno: il cellulare è fuori uso e i vicini sono stati 'invitati' dagli agenti della sicurezza a schierarsi contro "il traditore" e "controrivoluzionario". "Chen è stato rilasciato, è vero, ma potrebbe tornare dietro le sbarre in qualsiasi momento" precisa la polizia ai vicini. "Il motivo è semplice – spiega l'attivista – se il partito ha deciso che sei colpevole, lo sarai per sempre". Quelli della sicurezza ricevono gli ordini direttamente dal partito comunista e dal ministero per la Sicurezza statale, assicura l'uomo che aggiunge: "Sono uscito di prigione e sono entrato in una cella ancora più grande". "Usano la mano pesante. Pur di mettere a tacere coloro che si battono per la difesa dei diritti umani, le correnti conservative del Partito comunista impiegano metodi da hooligan, spesso ignorando la legge e la costituzione. In molti casi la polizia alza le mani e il dipartimento di giustizia chiude un occhio" dichiara Chen, secondo cui l'intera questione è diretta dal governo centrale e non da funzionari locali.
Carcere, torture e isolamento, nulla sembra demotivare l'attivista. "Chen conosce bene i rischi che comporta la diffusione di questo video – dichiara Bob Fu, presidente di China Aid -, ma sostiene che bisogna lottare per la giustizia". Quello di Chen Guangcheng non è un caso isolato, il governo ricorre spesso alla "detenzione soft" (ovvero gli arresti domiciliari) per punire i dissidenti e attivisti per i diritti umani. Una condanna che spesso non colpisce solo i 'controrivoluzionari', ma anche i familiari. E' questo ad esempio il caso di Liu Xia (questo articolo), moglie del Premio Nobel per la Pace 2010 Liu Xiaobo - attualmente in carcere dal 2008 per avere ideato e promosso il manifesto "Carta
di Sonia Montrella
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