Sui debiti sfida globale da 7. 600 miliardi
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Sui debiti sfida globale da 7. 600 miliardi

Sui debiti sfida globale da 7. 600 miliardi

MERCATI E MANOVRA - L'inchiesta
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Il ministero del Tesoro francese? È diventato poliglotta. La pagina web dell'agenzia del debito, da qualche giorno, oltre all'inglese offre le versioni in cirillico e in arabo. Il segno dei tempi, si dirà: bisogna parlare a tutti per vendere i propri titoli di Stato.
Una situazione che stupisce? Non proprio. Da un lato i compratori istituzionali (e non), certamente più tranquilli di un mese fa, restano cauti. Giocoforza, vanno corteggiati. Dall'altro, le emissioni da rimborsare, in giro per il mondo, sono tante. Secondo Bloomberg, nel 2012 i Paesi del G7, insieme a Brasile, Russia, India e Cina dovranno rifinanziare circa 7.600 miliardi di dollari di titoli in scadenza. Il tutto, al netto delle cedole. Insomma, una montagna di carta a debito in cerca di creditori. Compratori all'asta, contesi dagli emittenti sovrani, che si fronteggiano nella sfida del debito. Una tenzone dove non sempre chi deve vendere più titoli ha i maggiori problemi.
Un esempio? È presto detto: il Giappone. Tokyo, dall'alto dei suoi 3.000 miliardi di bond in scadenza, guida il plotoncino degli Stati industriali più indebitati. Una situazione da far tremare le ginocchia. E però, il Paese del Sol Levante, nonostante l'economia stagnante, ha il suo asso nella manica: dipende poco dagli investitori stranieri. Tanto che i 1.584 miliardi di emissioni con durata oltre l'anno, stimati da Barclays nel 2012, dovrebbero essere assorbiti senza troppi sussulti: per una nazione col debito/Pil oltre il 230%, non è poi così male.
Così come non mettono troppa apprensione, almeno tra gli addetti ai lavori, gli oltre 2.700 miliardi di Treasury in scadenza a Washington. Qui, a ben vedere, gli analisti sono sì preoccupati dalla dinamica del debito (a fine 2011 oltre 100% del Pil) ma, poi, rimangono ammaliati dalla forza del dollaro. «È la riserva mondiale di valore», ripetono in coro. Quindi, nei momenti di maggiore crisi, i bond a stelle e strisce costituiscono sempre un bene rifugio. Certo, gli investitori stranieri possono disamorarsi: da inizio dicembre, per esempio, hanno venduto oltre 70 miliardi di titoli. Tuttavia, questo trend dovrebbe al massimo farne scendere le quotazioni (il rendimento del decennale è stimato al 2,6% a fine anno) ma non creare problemi durante le aste. Anche perché, a differenza di quanto accade in Europa, Governo e banca centrale sono in "regime" di matrimonio. Cioè, in caso di necessità, il Tesoro emette i suoi titoli che la Fed compra, creando nuova moneta.
U Una situazione da idillio non replicata Unei Paesi in via di sv i Ul u Uppo. Tra gli U emergenti, è vero, la posizione Udebitoria è Umigliore rispetto all'Occidente. N é U l'ammontare delle emissioni in scadenza è così alto U: l'India, per esempio, deve far fronte ad un a Uredemption di 57 miliardi. I Ul problema , però, U è un altro: non c'è Uil decoupling con i U Paesi più industrializzati. Ad U eccezione della Cina, l'impatto dei movimenti di capitali internazionali resta elevato. L'eventuale ritorno al caos U in quel di Eurolandia avrebbe , cioè, Uun Uimpatto negativo. La stessa Banca mondiale sottolinea il pericolo: già nel 2011 Ui flussi di capi tale U verso gli emergenti sono calati del U 9,6% . U Un tren d U che potrebbe U replicarsi quest'anno , rendendo difficile la vita alle nuove emissioni. U
Fin qui il Resto del mondo: ma quale la situazione in Eurolandia? Secondo le stime di Banca Imi, nel 2012, le emissioni totali con duration da 2 anni in su varranno 814 miliardi di euro (1.061 in dollari). A fronte di titoli in scadenza per 641 miliardi, le emissioni nette si assestano a 173 miliardi. Un valore in calo rispetto al 2011 (847 miliardi quelle totali e 287 quelle nette) ma pur sempre elevato. Tanto da creare problemi? Gli esperti fanno professione d'ottimismo, seppure l'analisi è articolata. La svolta "tecnica" è arrivata con la maxi-asta da 489 miliardi della Bce. Il rifinanziamento (tre anni all'1%) ha tolto pressione alle banche, permettendogli di fare carry trade (soprattutto sui titoli di Stato periferici). Un giochetto che, per Morgan Stanley, la seconda maxi-asta di febbraio sosterrà ulteriormente: sui bond spagnoli la stima è tra 15-45 miliardi di fondi in più. Lo shopping, però, chiede una condizione: mantenere la riconquistata fiducia. Il sentiment, a livello europeo, è stato fin qui sostenuto dal buon esito delle aste di gennaio, oltre che dai passi concreti verso l'unione fiscale e l'accelerazione su soluzioni quali il fondo salva-Stati permanente da 500 miliardi; sul fronte italiano, invece, essenziali sono state (come confermato dalla stessa Fitch che ha tagliato il nostro rating) le manovre del governo Monti e la sua moral suasion in quel di Bruxelles. Il venire meno del sostegno dei partiti all'attuale Governo, è il parere unanime degli esperti, creerebbe nuove tensioni sul mercato del reddito fisso statale. Quel debito pubblico italiano, va ricordato, il cui rollover (rapporto tra emissioni e scadenze) è stimato nel 2012 da banca Imi - sulle scadenze oltre l'anno - al 109%. Cioè, ben al di sotto di Spagna (180%) e Francia (199%). Una migliore situazione, conseguenza anche e soprattutto della gestione del debito da parte del Tesoro, da non vanificare. Soprattutto a fronte dei circa 450 miliardi in emissioni previsti sull'intero 2012.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

29/01/2012
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