Pechino, 29 ott.- Il Nobel per la Pace viene ormai utilizzato come "strumento politico". A scagliare l'accusa contro la Commissione per il Nobel è Xinhua (Agenzia Nuova Cina), l'organo di stampa ufficiale del partito comunista cinese (PCC) che venerdì ha pubblicato un articolo in risposta alle dichiarazioni che il presidente della Commissione Thorbjoer Jagland, ha rilasciato al New York Times la scorsa settimana. "Jangland e i suoi seguaci usano il premio Nobel per la Pace come strumento politico" si legge su Xinhua -. "L'anno scorso – il riferimento va al conferimento del Nobel per la Pace al presidente degli Stati Uniti Barack Obama – Oslo ha servito gli interessi dell'Europa, mentre quest'anno ha voluto incontrare il favore di quelle forze occidentali ancora legate a un'ideologia frutto della Guerra Fredda". Xinhua ha poi messo in ridicolo le parole di Jangland secondo cui "i diritti umani vincono sulla sovranità nazionale". Quella dei diritti umani, fa sapere l'agenzia, è solo "una scusa usata da molte potenze occidentali per interferire negli affari interni del Paese e calpestarne l'autonomia". La Commissione per il Nobel sarebbe "riluttante di fronte alla crescita cinese", si legge nell'articolo, e da tempo avrebbe cercato di "sabotare in tutti i modi l'ascesa del Paese". Ma "l'arroganza e i pregiudizi di Jangland – continua Xinhua – non oscureranno i progressi compiuti dalla Cina in fatto di democrazia e diritti umani". L'articolo ha poi rimarcato la posizione di Pechino nei confronti del dissidente Liu Xiaobo "un uomo giudicato colpevole di reato dalla corte nazionale e che deve essere trattato come un criminale". Giovedì l'agenzia – che nei giorni seguenti il conferimento del premio a Liu aveva 'omesso di dare la notizia' – ha pubblicato un ritratto del dissidente in cui viene dipinto come un "affamato di soldi, eccessivo nei modi e arrogante".
Quello di Xinhua è il secondo commento sul tema dei diritti umani e della democrazia apparso negli ultimi due giorni sui media di stato. Giovedì il Quotidiano del Popolo – definito da molti 'la bocca del PCC' – ha pubblicato un editoriale in cui si legge che "qualsiasi cambiamento deve avvenire in modo graduale e sotto la guida della leadership comunista e del sistema socialista". E ancora: "Il modello di democrazia di stampo occidentale va rifiutato in quanto le riforme politiche non devono né rompere con la realtà circostante né creare dei 'buchi' nella continuità storica. Ancor meno – si legge nell'editoriale – bisogna lasciarsi impressionare dalle luci di slogan vuoti e senza sostanza". E sono in molti a ritenere che dietro la firma del pezzo (Zheng Qingyuan - probabilmente uno pseudonimo scelto sulla base dell'assonanza con la frase idiomatica cinese zheng ben qing yuan che significa "riportare qualcosa sulla retta via") ci siano proprio i leader del PCC che avrebbero adottato questo espediente per rispondere e mettere a tacere le critiche di molti osservatori che dal V Plenum si aspettavano quelle riforme politiche e democratiche preannunciate dal premier Wen Jiabao in un'intervista rilasciata al programma della CNN "Fareed Zakaria GPS e in occasione di un discorso tenuto ad agosto a Shenzhen (leggi questo articolo: http://www.agichina24.it/repository/categorie/in-primo-piano/politica-interna2).
A pochi giorni dal Plenum, l'iniziativa di 20 ex membri del PCC e rappresentanti della stampa che, sulla scia dell'assegnazione del Nobel per la pace al dissidente Liu Xiaobo, avevano scritto una lettera contro la censura indirizzata al governo cinese, aveva finito per alimentare ancor di più le aspettative dei riformisti.
di Sonia Montrella
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