SOTTO INCHIESTA TITOLI CINESI A WALL STREET

SOTTO INCHIESTA TITOLI  CINESI A WALL STREET

Pechino, 30 set.- Brutte notizie per le società che dalla Cina sono sbarcate a Wall Street: il dipartimento di Giustizia americano sta indagando su possibili frodi contabili commesse da compagnie cinesi quotate in borsa negli Stati Uniti. E a New York, dopo la diffusione della notizia, precipita il valore delle azioni della web economy con gli occhi a mandorla.

 

Secondo quanto reso noto in un'intervista esclusiva resa alla Reuters dal direttore esecutivo della SEC (Securities Exchange Commission, la Consob americana) Robert Khuzami, all'indagine partecipano "diversi procuratori federali su tutto il territorio statunitense", insieme a ispettori della SEC e dell'FBI. Quest'ultimo elemento sembra confermare che le accuse a carico delle società cinesi configurano illeciti di natura penale.

 

"Credo che assisteremo a un coinvolgimento sempre maggiore del dipartimento di Giustizia man mano che l'indagine si allarga" ha detto Khuzami.

 

Il direttore esecutivo della SEC non ha rivelato i nomi delle società o degli auditor cinesi posti sotto inchiesta dal dipartimento di Giustizia, ma molti trader hanno drizzato le orecchie verso i colossi cinesi di internet, che negli ultimi mesi hanno messo a segno una raffica di IPO milionarie. Ad esempio è il caso di Baidu, il più importante motore di ricerca del Dragone, che ieri ha chiuso con un ribasso del 9.2%, o di Sina Corp. – al comando di Weibo, il "Twitter cinese" - che scende del 9.7%. Le voci e i sospetti non risparmiano neanche Sohu.com (-4.7%) e soprattutto Youku, sorta di YouTube in salsa di soia, che precipita addirittura del 18%, riportando il peggior calo dell'anno. Dopo i crolli la SEC ha fatto scattare un divieto di short-selling, che impedisce di scommettere su ulteriori cali se prima non si è assistito a un ribasso del 10% rispetto alla chiusura del giorno precedente.

 

Che sta succedendo? E perché in prima posizione sulla lista dei sospettati ci sono le aziende della web economy? Fin dagli ultimi mesi dello scorso anno le agenzie della regolamentazione hanno intensificato i controlli sulle società cinesi quotate presso la borsa statunitense, nel timore che alcune di esse non soddisfacessero i criteri di contabilità. Nel corso del 2011 la SEC ha bloccato le contrattazioni di più di una dozzina di compagnie, citandole anche in giudizio insieme alle società di revisione per aver presentato conti fasulli. Ma se la SEC può solamente citare in giudizio sul piano civile per violazioni delle norme sulla quotazione in borsa, il dipartimento di Giustizia si occupa degli illeciti penali.

 

L'indagine della SEC si è concentrata sulle cosiddette "reverse mergers", operazioni nelle quali società il cui azionariato è nelle mani di pochissimi soci acquistano compagnie-schermo, stratagemma che consente loro di vendere azioni sui mercati senza quello scrutinio che normalmente accompagnerebbe un'offerta pubblica iniziale. Nessuna delle società della web economy era coinvolta in operazioni di questo genere, ma di sicuro le compagnie cinesi che operano sul  web sono state tra le protagoniste di alcune tra le più importanti IPO dell'anno: a maggio Renren, sorta di Facebook, il primo social network cinese per numero di iscritti ha raccolto 743.4 milioni di dollari nell'offerta pubblica iniziale piazzata presso la borsa di New York, registrando un aumento del 29% nel primo giorno di contrattazioni.  A dicembre dello scorso anno Youku era stata scambiata a 100 volte i ricavi del 2010.

 

"Se non è una bolla, sul fronte dei titoli internet cinesi la situazione è quantomeno molto esuberante - aveva dichiarato all'epoca il chief investment strategist di YCMNet Michael Yoshikami - e gli investitori devono fare attenzione, perché se queste società non saranno all'altezza delle aspettative potrebbero avere un brusco risveglio".

 

 

 

Nel corso delle indagini gli ispettori della SEC hanno dichiarato che spesso è impossibile vedere chiaro nella situazione contabile delle società cinesi perché il governo di Pechino impedisce loro di  ispezionare le società di revisione domiciliate in Cina. I funzionari delle due nazioni si erano incontrati qualche mese fa per discutere la questione. Ma ora, con la discesa in campo del dipartimento di Giustizia, l'indagine si proietta su uno scenario ancora più vasto.

 

 

di Antonio Talia

 

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