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A fornire le cifre è stato lunedì il premier Wen Jiabao in persona, aggiungendo di essere «piuttosto felice per questo sviluppo». Domenica il ministro del Commercio Chen Deming aveva previsto un disavanzo per l'intero mese di marzo, sottolineando che la domanda cinese sta facendo crescere le imprese straniere e che nei primi due mesi dell'anno l'import dagli Stati Uniti è cresciuto del 37%, quello dall'Europa del 35% e quello dal Giappone del 48%.
Un'inversione di tendenza sorprendente e che arriva, quasi provvidenziale, al momento giusto per offrire a Pechino nuove argomentazioni nella difesa dell'ancoraggio dello yuan sul dollaro, proprio quando salgono di livello le pressioni internazionali per la rivalutazione della moneta cinese. «Un deficit commerciale - affermava ieri Jinny Yan, di Standard Chartered - fornirà carburante alle resistenze dei leader cinesi contro l'apprezzamento dello yuan». «Un disavanzo a marzo - commentavano gli economisti di Barclays Capital – aiuterebbe a ridurre la pressione internazionale sulla Cina».
Le cifre ufficiali arriveranno il 10 aprile, a cinque giorni dall'appuntamento con il ministero del Tesoro americano, che il 15 dovrà decidere se etichettare la Cina come un paese che manipola la moneta per ottenere indebiti vantaggi commerciali. Mentre nel Congresso cresce il coro di chi vorrebbe contromisure forti da parte dell'amministrazione Obama. Proprio ieri, uno studio dell'Economic Policy Institute affermava che lo yuan debole ha causato la distruzione di 2,4 milioni di posti di lavoro negli Usa tra il 2001 e il 2008.
Nessuno si aspetta che un eventuale deficit commerciale possa diventare strutturale per la Cina: secondo la Banca mondiale il surplus delle partite correnti aumenterà a 304 miliardi di dollari quest'anno, dopo essere caduto a 284,1 miliardi nel 2009, dal record di 426,1 nel 2008. A febbraio il surplus commerciale era di 7,6 miliardi di dollari.
G.D.Do.
24/03/2010
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