Soccorso Brics da 4mila miliardi di dollari
ADV
ADV
Soccorso Brics da 4mila miliardi di dollari

Soccorso Brics da 4mila miliardi di dollari

Mercati e risparmio - IL RUOLO DEGLI EMERGENTI
di lettura
Il sasso nello stagno già abbastanza agitato dei mercati finanziari internazionali l'ha gettato il ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega. I grandi Paesi emergenti sono pronti a scendere in campo per sostenere l'eurozona nella crisi del debito sovrano. Anzi, i Brics (Brasile, Russia, India e Cina, cui si è aggiunto più recentemente il Sudafrica) riuniranno i propri ministri delle Finanze e i governatori delle Banche centrali giovedì prossimo a Washington per valutare quali misure adottare.
La riunione è diventata ormai un classico alla vigilia di quelle del G-20, che raggruppa con i grandi Paesi emergenti le maggiori economie avanzate, per stabilire una linea comune. Stavolta, però, con l'annuncio di Mantega si è voluto anzitutto lanciare un preciso segnale politico: le nuove potenze del l'economia mondiale sono pronte a fare la propria parte per la stabilizzazione del sistema e a giocare un ruolo decisivo nella governance globale. Sul l'efficacia di eventuali interventi da parte dei Brics e sulla loro capacità di muoversi di concerto è lecito però avanzare qualche dubbio e le dichiarazioni degli stessi protagonisti subito dopo l'annuncio del ministro Mantega supportano questa interpretazione.
Il principale interesse dei Brics potrebbe essere, al di là del messaggio politico, nella diversificazione delle riserve, finora molto sbilanciate a favore del dollaro. Sullo sfondo, ci sarebbe anche l'intenzione, soprattutto da parte cinese, di acquistare euro per salvaguardare la sottovalutazione del cambio dello yuan, che ha favorito in questi anni le esportazioni cinesi.
Prima di tutto è importante, però, esaminare quali siano le risorse a disposizione dei Brics se volessero intervenire a sostegno dell'area euro, per esempio con acquisti di titoli del debito pubblico, come è stato invocato da più parti in Europa, soprattutto con appelli rivolti alla Cina, ma anche, in particolare nel caso del Portogallo, al Brasile.
L'arma più potente sono senza dubbio le ingenti riserve accumulate da Pechino negli ultimi dieci anni, che hanno raggiunto l'enorme somma di 3.200 miliardi di dollari. Dal 2007 in poi, in ciascun anno l'aumento è stato superiore ai 400 miliardi di dollari, secondo cifre del Fondo monetario internazionale, grazie a un forte surplus delle partite correnti (seppur in calo, in percentuale del Pil, dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale). Sia attraverso l'impiego delle riserve per acquistare i titoli di Stato dei Paesi europei in difficoltà, sia attraverso i suoi fondi sovrani (sono emersi i contatti avuti a Roma dai vertici del Cic, uno dei fondi sovrani cinesi) per l'ingresso in aziende e banche, la Cina potrebbe fare molto. Subito dopo la dichiarazione di Mantega, il premier cinese Wen Jiabao ha esposto chiaramente le condizioni per gli investimenti cinesi in Europa: «I Paesi devono rispettare le proprie responsabilità e devono mettere in ordine la propria casa». Un ammonimento chiaro a non aspettarsi che Pechino faccia da salvatore dei Paesi in crisi. Inoltre, la Cina si aspetta che l'Europa le conceda lo status di "economia di mercato", che faciliterebbe i commerci, concessione che finora nè l'Europa nè gli Usa si sono mostrati disponibili a fare. Resta poi tutto da dimostrare che la Cina voglia coordinare eventuali iniziative in Europa con gli altri grandi emergenti.
Gli altri Brics hanno risorse più limitate. Il Brasile, promotore dell'iniziativa, che è stata appoggiata apertamente anche dal presidente Dilma Rousseff, ha riserve ufficiali per 350 miliardi di dollari, ma un loro utilizzo per comprare titoli europei potrebbe risultare politicamente controversa. Se, come suggerito da alcune fonti, il Brasile dovesse puntare solo sui titoli più sicuri dell'area euro, come quelli tedeschi, questo accentuerebbe, invece di ridurre, le difficoltà dei Paesi della periferia. Brasilia ha anche un neonato fondo sovrano, ma questo ha per ora una dotazione di soli 9 miliardi di dollari.
La Russia ha riserve per circa 525 miliardi di dollari, accumulate grazie al boom dei prezzi del petrolio e del gas degli ultimi anni. Anche Mosca è apparsa cauta sulla possibilità che dal meeting dei Brics di questa settimana possano emergere interventi concreti. Il Governo di Mosca inoltre sembra volersi tenere le mani libere: eventuali investimenti verrebbero decisi caso per caso, e senza un coordinamento con gli altri emergenti.
L'India, che ha riserve per 320 miliardi di dollari, a sua volta è apparsa un po' sorpresa dalla proposta brasiliana e per ora ha mantenuto una linea attendista, anche se le autorità indiane sono molto preoccupate dagli sviluppi della crisi dell'eurozona e temono che questa possa deflagrare in una crisi globale come il fallimento di Lehman nel 2008.
Aspettarsi un'iniziativa forte dall'incontro di giovedì potrebbe quindi essere troppo ottimistico per i Paesi europei in difficoltà e per i mercati finanziari. È possibile invece che i Brics puntino a rafforzare la capacità di intervento del Fondo monetario, naturalmente in cambio di un potenziamento della loro influenza nell'organizzazione di Washington.
© RIPRODUZIONE RISERVATA



I numeri

3.200

MILIARDI DI DOLLARI

Grazie a un forte surplus delle partite correnti la Cina negli ultimi dieci anni ha raggiunto la somma di 3.200 miliardi di dollari, con un ritmo di 400 miliardi di dollari l'anno dal 2007 a oggi

19/09/2011
ADV