Pechino, 27 giu. - Rinviato l'incontro tra il presidente cinese Hu Jintao e il leader sudanese Omar al-Bashir, previsto per lunedì pomeriggio. Bashir, inseguito dal maggio 2008 da un duplice mandato di cattura internazionale della Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aja, sarebbe dovuto atterrare in mattinata a Pechino, ma dell'aereo proveniente dal Sudan nemmeno l'ombra. Secondo quanto riferito dallo staff del ministero degli Esteri, il decollo sarebbe stato ritardato di sei ore. Non abbiamo ricevuto nessun aggiornamento sull'arrivo del presidente sudanese - fanno sapere ancora dal ministero – "le attività in agenda per questo pomeriggio sono state cancellate". Chang Junling, funzionario dell'ufficio stampa dell'ambasciata Sudanese a Pechino, ha riferito che l'ambasciata non è a conoscenza del motivo del ritardo.
Ed è giallo sul motivo del presunto ritardo. Già nei giorni scorsi, riferisce, la notizia dell'arrivo di Bashir, che avrebbe dovuto lasciare la Cina giovedì, aveva scatenato il malcontento di numerosi gruppi di attivisti per i diritti umani che accusano Pechino di voler ospitare, e sostenere, un uomo contro cui la Corte Penale Internazionale (CPI) ha spiccato due mandati di cattura per crimini umanitari e crimini di guerra nel corso della guerra civile sudanese. In particolare, i due mandati, emessi nel 2008 e nel 2010, imputano a Bashir 10 distinte fattispecie di reato, tra cui omicidio, sterminio, trasferimento forzato di popolazione, tortura e stupro. E i risultati del suo 'governo' sono più visibili nella regione occidentale del Darfur dove - fa sapere l'CPI - oltre 300mila persone dal 2003 sono morte per il genocidio messo in atto da Bashir.
Il leader sudanese 'vanta', inoltre, un primato a dir poco scomodo: è il primo capo di stato al potere ad essere ricercato dalla Corte Penale Internazionale, i cui statuti prevedono che Bashir debba essere arrestato da qualsiasi governo ne riceva la visita. Direttive, queste, che non sembrano toccare Pechino estranea allo statuto della Corte penale internazionale. Tuttavia, riferisce Amensty International, "la Cina è membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che nel 2005 ha deciso di riferire la situazione del Darfur a partire dal 1 luglio 2002 al procuratore della Corte. La risoluzione adottata all'epoca, cui la Cina avrebbe potuto opporre il veto, sollecita tutti gli stati a fornire piena cooperazione alla Corte".
Ma malgrado ciò, il Dragone resta il principale alleato di Khartoum, nonché primo partner commerciale di petrolio, nonostante 'l'oro nero' sia localizzato soprattutto nel sud, dal prossimo mese indipendente dal resto del Paese. In un'intervista rilasciata all'agenzia di stampa cinese Xinhua, Bashir ha assicurato che la separazione del Paese non comprometterà le relazioni tra Cina e Sudan, nemmeno nel caso in cui Pechino volesse allacciare rapporti con il sud. Proprio la scorsa settimana, la Cina aveva invitato i due schieramenti impegnati in un'escalation di violenza, a risolvere la questione con il dialogo e la pace ribadendo ancora una volta quella che è la posizione ufficiale del Dragone in politica estera. Una posizione costruita sui due principi di pacifismo e di non-ingerenza nelle questioni interne degli altri Paesi. Temi questi, con ogni probabilità, già fissati nella scaletta dell'incontro tra il leader sudanese e il presidente cinese.
E mentre di recente le accuse e le pressioni internazionali avevano spinto la Malesia a fare un passo indietro cancellando la visita del leader sudanese prevista per l'inizio del mese per rispettare la giurisdizione della CPI, Pechino, nei giorni scorsi, sembrava andare dritta per la sua strada. "Negli ultimi anni, il presidente Bashir ha fatto visita a molti governi ricevendo una calorosa accoglienza. E' normale che la Cina inviti il capo di stato di un Paese con cui intercorrono relazioni diplomatiche", aveva dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Hong Lei.
Le dichiarazioni del ministero degli Esteri hanno subito infiammato il clima negli ambienti dei gruppi umanitari: "E' un affronto per le vittime del Darfur", aveva commentato Human Rights Watch chiedendo a Pechino di annullare l'invito o arrestare Bashir al suo arrivo. "La Cina diventerà, in questo modo, il paradiso dei criminali di guerra" aveva riferito invece Amnesty International.
di Sonia Montrella
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