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Resta solo da verificare se i venditori stranieri saranno disposti o meno ad accettare la valuta cinese: finora, ad esclusione dell'acquisto di beni dalla Cina, le compagnie estere hanno avuto poche opportunità per utilizzare il renminbi, limitandosi per lo più a depositare la moneta del Dragone in conti low-yelding o bond, oppure effettuando cambi nella propria valuta. Da giugno a novembre gli scambi in renminbi hanno raggiunto i 51 miliardi di dollari, fanno sapere dalla PBoC. E sono diverse le banche straniere – tra cui JPMorgan Chase, HSBC e la sudafricana Standard Bank – che offrono già il servizio di trade in yuan.
Lo scopo di Pechino – sostengono i banchieri – è quello di incoraggiare le grosse imprese statali a effettuare acquisizioni in renminbi più che in valuta estera.
Il cambio di rotta sugli investimenti in yuan arriva all'indomani della decisione dalla PBoC di fissare il tasso di cambio giornaliero dollaro-yuan a 6,5997, 131 punti base in meno rispetto a 6,6128 del giorno precedente. Una scelta che imprime all'apprezzamento del RMB un ritmo più veloce, ma dietro la quale ci sarebbero, secondo molti analisti, principalmente motivi politici legati all'incontro tra il presidente Hu Jintao e Barack Obama previsto per il 19 gennaio a Washington. Gli ultimi andamenti dello yuan sembrano essere inoltre una risposta alla richiesta di una "più rapida rivalutazione" avanzata giorni fa dal segretario del Tesoro statunitense Timothy Geithner.
Quello dell'apprezzamento del renminbi è da tempo causa di un lungo braccio di ferro tra Pechino e Washington. Dopo quasi due anni, lo scorso giugno la Banca centrale cinese aveva deciso di sganciare lo yuan al dollaro e consentire un lieve apprezzamento della sua moneta. Gli Usa accusano però la Cina di mantenere artificialmente basso il valore dello yuan per ottenere un vantaggio sleale nelle esportazioni, e premono affinché il Dragone renda la divisa cinese più flessibile e allineata al mercato. Un'intromissione che Pechino non sembra disposta a tollerare. "Un apprezzamento repentino dello yuan avrebbe ripercussioni enormi sulla Cina, causando la chiusura di fabbriche e un aumento della disoccupazione i cui effetti si farebbero sentire anche sulla ripresa mondiale" aveva dichiarato a settembre il premier Wen Jiabao illustrando quella che è la posizione ufficiale del governo.
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di Sonia Montrella
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