Pechino, 1 set. - Prove di concertazione dalla Zona Economica Speciale di Shenzhen: le autorità della megalopoli industriale del Guangdong, nella Cina meridionale, hanno messo a punto la bozza di una nuova norma per i contratti di lavoro, che sarà rivista nel corso del mese dal comitato permanente del Congresso Municipale del Popolo. "La proposta di legge prevede che la contrattazione sul contratto collettivo venga condotta almeno una volta all'anno - ha spiegato alla stampa cinese Fu Bolun, uno dei giuristi che hanno lavorato al progetto - e fissa un meccanismo per la negoziazione periodica degli aumenti salariali, al fine di ridurre al minimo i conflitti". Shenzhen, una delle prime Zone Economiche Speciali create in Cina all'alba delle riforme, è passata nel giro di un trentennio da villaggio di pescatori a polo d'attrazione degli investimenti esteri e hub del manifatturiero cinese, con una popolazione di circa 8 milioni di immigrati interni provenienti dalle aree rurali interne, ma nell'ultimo periodo è anche divenuta incubatrice di ampie manifestazioni di dissenso della classe dei contadini diventati operai: i lavoratori hanno dato vita a una serie di scioperi spontanei che hanno colpito soprattutto gli impianti industriali di proprietà straniera, dalla Honda alla Toyota, mentre nella memoria resta ancora viva la sensazione destata dai suicidi in pochi mesi che hanno avuto per teatro gli stabilimenti Foxconn, il più importante fornitore di componentistica elettronica del mondo, che vanta tra i suoi clienti Apple e Dell.
Le astensioni dal lavoro per richiedere stipendi più consistenti si sono poi diffuse in altre zone della Cina e, anche se tollerate nel caso degli stabilimenti di aziende straniere, sembra che le autorità non siano state così concilianti verso i dipendenti delle compagnie cinesi: a luglio, ad esempio, erano filtrate alcune indiscrezioni su una dura repressione attuata contro gli operai in agitazione di alcune fabbriche dell'Hebei. A giugno Foxconn aveva aumentato a 2000 yuan mensili (228 euro circa) lo stipendio minimo precedentemente fissato a 900 yuan (102 euro), seguita poco dopo dalla stessa municipalità di Shenzhen, che aveva portato i salari minimi a 1100 yuan (circa 125 euro). Ma se Shenzhen è riuscita a mantenere una crescita a doppia cifra per anni, gli stipendi dei lavoratori non hanno subito grosse variazioni, e alcuni degli operai di livello più basso non ottengono aumenti da quasi dieci anni. Adesso, l'esempio della prima Zona Economica Speciale potrebbe presto essere seguito da molte altre città cinesi, come già avvenuto in passato: meccanismi simili sono allo studio a Shanghai, Tianjin e Xiamen.
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