Sempre a caccia di nuovi spazi
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Sempre a caccia di nuovi spazi

Sempre a caccia di nuovi spazi

La testimonianza. Marco Wong, ex manager Huawei, spiega le strategie delle comunità locali
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Poco cinese per i cinesi, troppo cinese per gli italiani, Marco Wong è un mix di mondi diversi: passaporto italiano, vive a Roma, fa la spola con Prato, intuisce l'aria che tira tra i connazionali.
Ex manager di Huawei, colosso delle telecomunicazioni cinesi, tra le prime realtà di Pechino a scoprire l'Italia, Marco ha seguito la sua vocazione: occuparsi dei connazionali in Italia.
È tra i promotori di Associna, l'associazione che si occupa di dar voce alla comunità cinese nel nostro paese e alle seconde generazioni di immigrati. Dirige Its China, periodico che si autodefinisce di affari economia cultura e società cinesi, con sede a Prato.
In che direzione si stanno muovendo le Chinatown? «C'è movimento, le nostre comunità sono, per natura, molto mobili – dice Wong – però sul versante economico quella romana è senz'altro più ampia per giro di affari, anche se non è detto che si tratti di quella più influente, anche perché è meno antica di quella milanese».
Molte risorse dalla capitale stanno per essere dirottate a Sud, secondo Marco Wang il vero motivo sta nella saturazione del mercato. «Bisogna partire dalla mentalità cinese. Se un business non va, si cerca subito di farlo andare, magari da qualche altra parte. Ha presente – chiede – quella catena di negozi "Tutto a mille lire"? Ebbene, a Roma il mercato sembra ormai essersi saturato. Per questo motivo la maggior parte di questa attività sembra transitare altrove». Certo non paiono prodotti di alto livello, quindi non si ha neanche l'impressione che si tratti di un giro d'affari imponente. «Dipende. Esiste una filiera – precisa – per cui c'è chi importa direttamente dalla Cina e di norma arriva su Roma e tutti gli altri che si ritrovano ad acquistare questi materiali di poco valore aggiunto da chi ha in mano le chiavi dell'import-export. Per cercare nuovi margini bisogna andare a cercare nuove nicchie».
Questo spiega anche la nascita di nuovi punti di "controllo" dei flussi? «Direi di sì. C'è l'esigenza di creare nuovi assi di smercio, senza troppi intermediari. In tal senso il Sud sembra essere la prossima meta obbligata».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

04/07/2010
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