Pechino, 27 apr. - Maggiore chiarezza sulla categoria di "segreto industriale" in Cina? È quanto dovrebbe risultare dalle 34 linee guida pubblicate ieri dalla SASAC (State-owned Supervision and Administration Commission), l'organismo di Pechino che gestisce gli interessi detenuti dallo stato in più di 120 tra i maggiori gruppi economici della nazione. Il documento datato 25 marzo - il giorno successivo alla fine del processo Rio Tinto, che verteva proprio intorno al concetto di segreto industriale - non offre però molti lumi su una fattispecie che, da sempre, in Cina viene intesa nei termini i più vasti possibili: secondo le nuove disposizioni della Commissione, infatti, rientrerà in tale categoria praticamente tutto ciò che le società non riportano pubblicamente, dalle informazioni finanziarie ai piani strategici, dalle tecnologie impiegate fino ai programmi di fusioni, acquisizioni e ristrutturazioni organizzative. Le nuove linee guida obbligano le imprese statali stesse a classificare le informazioni in loro possesso, fornendo anche un termine entro il quale derubricare le notizie; una disposizione che, proprio a causa della vaghezza del provvedimento, lascia presagire un nuovo giro di vite. In alcuni casi le informazioni relative alle operazioni o alla tecnologia delle società statali possono addirittura essere considerate come segreto di stato, mentre i contratti di lavoro presso tali imprese conterranno clausole di riservatezza più ampie. La SASAC non ha fornito dettagli su come verranno punite le violazioni del segreto industriale, limitandosi a definire competente l'autorità giudiziaria. La pubblicazione del regolamento sul sito della Commissione pone ulteriori interrogativi sul confine tra segreto industriale e segreto statale in Cina: dato il ruolo centrale occupato dalle imprese di stato nell'economia del Dragone, i negoziati con queste compagnie potrebbero facilmente andare a toccare argomenti che il governo considera a tutti gli effetti questioni di sicurezza nazionale. La vicenda Rio Tinto rappresenta un caso da manuale: i quattro dirigenti arrestati nel luglio scorso, tre cittadini cinesi e un cittadino australiano, vennero inizialmente accusati di furto di segreti di Stato. Il tribunale di Shanghai ha successivamente ridimensionato le accuse in corruzione e sottrazione di segreti industriali, ma ai quattro sono state comunque inflitte pene pesanti, che vanno dai sette ai quattordici anni di reclusione. Le sessioni del procedimento relative al furto di segreti industriali erano state condotte a porte chiuse, nonostante le proteste dei diplomatici australiani. Secondo quanto pubblicato da numerosi media locali, le informazioni ottenute illecitamente dai quattro dirigenti riguardavano principalmente il prezzo massimo che le industrie cinesi sarebbero state disposte a pagare per il minerale di ferro, al centro di una serrata trattativa tra la Rio Tinto e il Dragone nei mesi immediatamente precedenti agli arresti.