Bisognerà abituarsi. Il rallentamento - al 7,5%... - dell'obiettivo di crescita cinese, il primo dopo otto anni, non segnala il peso di una congiuntura mondiale indubbiamente difficile, segnata com'è da una lenta ripresa americana e da una modesta, ma fastidiosa, recessione europea. È invece il segno che il dodicesimo piano quinquennale del Partito comunista cinese, che si propone di modificare la struttura stessa dell'economia, comincia a essere applicato seriamente. L'obiettivo nei cinque anni è infatti di portare la crescita al 7% annuo, dall'8% e - soprattutto - di modificare la composizione della domanda, dando un maggior ruolo a quella domestica rispetto alle esportazioni. Sarà dedicata una particolare attenzione alla distribuzione del reddito, in un paese dalle diseguaglianze crescenti, e si cercherà di aumentare salari e stipendi delle classi medio-basse. Sarà inoltre migliorato il welfare state, ancora piuttosto limitato, con il probabile effetto di ridurre l'elevatissima propensione al risparmio dei cinesi. La sfida è difficile: il Paese - meno "capitalista" ma anche meno "monolite" di quanto si pensi - deve ora varare quelle riforme e affrontare quelle resistenze tipiche delle economie di medio reddito desiderose di andare oltre. I Paesi ricchi - già molto condizionati dalla Cina emergente - dovranno ora imparare a convivere con la nuova fisionomia di questo gigante.