SCURE ANTITRUST SOCIETA' TELEFONICHE

SCURE ANTITRUST  SOCIETA' TELEFONICHE

Pechino, 10 nov.- Le autorità cinesi hanno aperto un'inchiesta nei confronti delle due principali compagnie telefoniche nazionali con l'accusa di violazione delle leggi anti-monopolio, in quello che si configura come il primo caso che vede coinvolte grandi società nazionali da quando, nel 2008, Pechino ha approvato la normativa.

 

Al centro della controversia ci sono le reti a banda larga: la Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo –il più importante organo di pianificazione economica del governo cinese- accusa le due società, China Telecom e China Unicom, di rappresentare da sole oltre i due terzi del mercato della banda larga cinese e di aver abusato di tale posizione dominante per fissare i prezzi. Se giudicate colpevoli, le due compagnie potrebbero essere costrette a versare multe per una somma complessiva di 8 miliardi di renminbi, pari a circa 920 milioni di euro.

 

L'inchiesta sembra evidenziare che la norma sarà applicata a tutte le società che operano in Cina, siano esse private, pubbliche o straniere: Pechino fa un passo avanti verso una maggiore competitività? Molti osservatori salutano l'apertura dell'indagine come un fatto positivo, ma ritengono che sia ancora presto per parlare di lotta ad armi pari tra compagnie private e società controllate dallo stato: "Il governo cinese sa perfettamente che i monopoli danneggiano l'economia –ha dichiarato al South China Morning Post Mao Yushi, uno dei più importanti economisti cinesi-, ma il problema è che i monopoli rientrano anche nell'interesse di pochi gruppi di privilegiati".

 

Di sicuro, in Cina si sta diffondendo il malcontento per i costi addebitati sui servizi dalle società statali. La Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo ha reso noto che China Telecom intasca grazie ai servizi a banda larga circa 50 miliardi di renminbi all'anno, mentre China Unicom ne guadagna quasi 30.

 

Se dovessero essere giudicati colpevoli, i due colossi delle telecomunicazioni dovranno versare fino al 10% delle loro entrate annuali.

 

di Antonio Talia

 

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