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Lo stop nella fabbrica ha bloccato l'intera linea di produzione costringendo quindi alla chiusura gli impianti di assemblaggio cinesi della casa automobilistica giapponese.
Lo sciopero è nato spontaneamente, senza il sostegno dell'unico sindacato riconosciuto dal governo. Azioni di protesta nelle multinazionali presenti in Cina sono peraltro piuttosto rare perché i lavoratori ricevono salari superiori rispetto alle altre aziende. Gli operai della fabbrica Honda di Foshan guadagnano 1.500 renminbi al mese (circa 220 dollari) e chiedono aumenti a 2.000-2.500 renminbi.
Il tema del costo del lavoro è comunque ben presente alle autorità cinesi. Lo scorso febbraio, dopo due anni di congelamento, la regione costiera dello Jiangsu ha alzato il salario minimo legale del 13%, portandolo a 960 renminbi (140 dollari).
Honda è presente in Cina con due joint-venture: una insieme a Denway Motors (controllata dal comune di Canton) e l'altra insieme a Dongfeng Motor, controllata dallo stato.
Il caso di Honda arriva dopo quello di Foxconn, il colosso della componentistica elettronica investito da un'ondata di suicidi nella sua mega-fabbrica di Shenzhen, che ha deciso di aumentare del 20% le buste paga dei suoi dipendenti.
29/05/2010
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