Pechino, 19 nov. - Dal 2000 la Corea del Sud deteneva saldamente il primo posto nella classifica mondiale nel settore delle costruzioni navali. Oggi il suo posto è stato preso dalla Cina. A favorire lo storico sorpasso in tempi più brevi di quanto gli esperti non avessero previsto, la crisi economica. Proprio i corposi contributi versati dal governo di Pechino alle industrie nel tentativo di rilanciare l'economia, combinati con i tradizionali punti forti dell'industria cantieristica cinese, quali l'ampia disponibilità di strutture, la vastità degli spazi, il basso costo della manodopera (che incide appena per il 10% sul costo di produzione della nave) e dell'acciaio hanno permesso di raggiungere questo traguardo. L'ago della bilancia pende a favore della produzione cinese su tutti i fronti: non solo i valori del portafoglio ordini (numero di navi e di tonnellate di portata lorda), ma anche quelli della stazza lorda compensata. Quest'ultimo valore – che si ottiene moltiplicando la stazza di una nave per un coefficiente variabile a seconda della tipologia e delle dimensioni della nave in oggetto – è indice della quantità di lavoro necessario per costruire una determinata nave e quindi, indirettamente, parametro della qualità della produzione. Nel mese di ottobre, in termini di stazza lorda compensata, la Cina ha raggiunto i 54,9 milioni di tonnellate contro i 53,4 milioni prodotti in Corea. Dopo un'attenta perlustrazione del parco imbarcazioni, si scopre tuttavia che il sorpasso è stato favorito dall'altissimo numero di navi a scarso valore aggiunto (principalmente rinfusiere e petroliere) presenti nei cantieri navali cinesi. La prospettive future sono però più rosee per la Cina che la Corea. Stx Shipbuilding – leader della cantieristica coreana – ha già provveduto a delocalizzare parte della propria produzione nella vicina Dalian, ovviando così le riserve poste dalle comunità locali di Jinhae che ostacolavano da cinque anni la costruzione di nuove strutture cantieristiche sulla base di motivazioni di impatto ambientale. Le ripercussioni degli investimenti coreani in Cina si avvertono anche in Europa: a Turku, in Finlandia, si prevedono tagli per 400 posti di lavoro.