Aumenta la disoccupazione nelle aree urbane cinesi, le zone nelle quali, peraltro, queste stime sono considerate le più affidabili del paese: secondo il ministero delle Risorse Umane il primo trimestre 2009 ha registrato un +0.1% del tasso di disoccupazione, che si è così stabilito a quota 4.3%. Sempre secondo i dati ufficiali si tratta del secondo trimestre di fila in cui cresce il numero di cinesi senza un lavoro, dopo che nel periodo ottobre-novembre 2008 si era passati da un 4% a un 4.2%, registrando così il primo aumento degli ultimi cinque anni. Pur avendo definito "pesante" la situazione, nel corso della conferenza stampa di presentazione dei dati il portavoce del ministero Yin Chengji ha cercato di mostrare qualche segno di ottimismo: "Il paese è riuscito a creare 2.68 milioni di nuovi posti di lavoro nelle città quest'anno- ha detto Yin- e i nostri obiettivi per il 2009 sono di arrivare a 9 milioni per i nuovi lavoratori urbani e 5 milioni per quelli che sono stati licenziati". Queste statistiche non includono i circa 230 milioni di immigrati interni che dalle province più povere si sono spinti in quelle costiere, tradizionalmente più industrializzate, e che sono probabilmente la fascia più colpita dalla crisi finanziaria globale: per un'economia orientata alle esportazioni come quella cinese, infatti, il calo delle ordinazioni dall'estero è coinciso con un fiume di licenziamenti di operai dalle fabbriche del manifatturiero, tanto che in questo segmento della popolazione i disoccupati si aggirerebbero tra i 20 e i 25 milioni di persone. L'obiettivo del governo cinese per il 2009 è di mantenere il tasso di disoccupazione al di sotto del 4.6%, un risultato che coinciderebbe comunque con il livello più alto registrato dal 1980 ad oggi.