Pechino, 17 giu.- Il quotidiano di punta del Partito Comunista Cinese scende direttamente in campo a sostegno delle ragioni dei lavoratori: l'editoriale pubblicato oggi dal People's Daily conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, come l'attenzione del governo di Pechino verso quanto sta accadendo nelle fabbriche sia ormai giunta ai massimi livelli. "Il modello "Made in China" si trova ad un punto di svolta, - scrive Tang Jun, ricercatore dell'Accademia Cinese di Scienze Sociali - l'aumento dei salari degli operai e l'accorciamento delle distanze tra i ricchi e i poveri non costituiscono semplicemente una risposta d'emergenza per preservare la stabilità sociale nel paese; dovrebbero anche rappresentare una trasformazione sociale che va di pari passo con il mutamento del nostro modello economico". Tang - che nel suo articolo non menziona mai esplicitamente la catena di scioperi che ha scosso numerose fabbriche nelle ultime settimane- si allinea alle posizioni espresse nei giorni scorsi dal premier Wen Jiabao e sottolinea come un aumento dei salari degli operai sia fondamentale per sollevare i consumi interni del paese e spezzare la dipendenza che lega l'economia cinese alle esportazioni. " "Made in China" e "Fabbrica del mondo" sono solo delle etichette, e come tali sono ininfluenti,- si legge nell'editoriale - ciò che conta è raggiungere un miglioramento relativamente ampio delle condizioni di vita della gente comune, specialmente gli operai salariati e le loro famiglie. Man mano che l'offerta di manodopera a buon mercato dalle campagne si assottiglia, la Cina si deve concentrare su uno sviluppo delle capacità produttive e sul passaggio dal manifatturiero ai servizi". La voce del Quotidiano del Popolo coincide da sempre con quella del governo, sembra quindi che la leadership cinese stia evitando accuratamente qualsiasi confronto diretto con gli operai in stato di agitazione e guardi anzi con favore alle concessioni che i management delle aziende potrebbero accordare agli scioperanti; il mancato intervento del sindacato unico, della polizia e degli altri cani da guardia del lavoro a basso costo, inoltre, conferma come al momento Pechino preferisca gettare acqua sul fuoco. Lo sciopero allo stabilimento dell'Honda Lock è il terzo che colpisce la casa automobilistica giapponese in poche settimane: dopo che i colleghi delle altre fabbriche erano riusciti ad ottenere qualche miglioramento delle condizioni lavorative, gli operai della Lock sono entrati in agitazione per conquistare un salario minimo di 1600 yuan mensili (circa 189 euro) , poi ridimensionato in 1350 yuan (circa 159 euro). E mentre i lavoratori della Lock potrebbero ricominciare lo sciopero già domaniAggiungi un nuovo appuntamento per domani se i termini fissati da Honda non dovessero soddisfarli, gli operai della Kentucky Fried Chicken di Shenyang, hanno ottenuto un aumento del salario da 700 a 900 yuan (da 82 a 106 euro) e la Toyota smentisce che nelle sue fabbriche di Tianjin siano in corso nuove agitazioni. I giorni delle braccia cinesi a basso prezzo, almeno per le compagnie straniere, si allontanano sempre di più.
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