Pechino, 9 mar.- Pechino tenta di rassicurare Washington sui suoi investimenti in bond americani: "Il mercato dei buoni del Tesoro USA è il più vasto del mondo e le nostre riserve in valuta estera sono enormi. L'importanza dei Treasury Bonds per la Cina, quindi, è facilmente intuibile" ha dichiarato Yi Gang, direttore della State Administration of Foreign Exchange – l'authority cinese che sovrintende agli investimenti in divise straniere -, nel corso di una conferenza stampa ai margini dei lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo. A metà febbraio il Tesoro americano aveva diffuso la notizia, risalente al dicembre 2009, della vendita da parte della Cina di bond USA per 34.2 miliardi di dollari; una mossa che alcuni analisti avevano interpretato come un primo segnale di disinteresse del Dragone verso il debito pubblico USA. Nonostante i dati fossero stati successivamente ridimensionati – Pechino sta continuando ad acquistare bond americani su piazze terze, e mantiene la sua posizione di primo creditore di Washington-, queste misure avevano destato diversi sospetti dall'altra parte dell'Atlantico in merito a un utilizzo 'politico' delle riserve cinesi in Treasury Bonds. Sospetti che Yi Gang ha respinto senza mezzi termini: "Si tratta di comportamenti legati al mercato, ai quali non voglio venga attribuita alcuna valenza politica; siamo un investitore responsabile e nei processi d'investimento possiamo di sicuro raggiungere un risultato utile a entrambe le parti". La Cina detiene le più imponenti riserve di valuta estera del mondo, stimate in 2400 miliardi di dollari. L'esatta composizione di questo enorme portafoglio, però, è un segreto di Stato, oggetto di innumerevoli ipotesi da parte degli investitori globali consapevoli che, con queste immense somme in gioco, anche un cambiamento marginale da una valuta all'altra sarebbe capace di smuovere interi mercati. "Una ragionevole ipotesi di lavoro è che attualmente la Cina detenga circa 1000 miliardi di dollari in Treasury Bonds, quasi la metà dello stock che Washington riteneva custodito nei forzieri di paesi stranieri alla fine del 2009" ha dichiarato qualche settimana fa Simon Johnson, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale e attualmente professore all'MIT, nel corso di un'interrogazione dell'US-China Economic and Security Review Commission, l'organo incaricato di sovrintendere agli scambi commerciali tra Cina e Stati Uniti per conto del Congresso USA. Gli sguardi di molti osservatori, ad esempio, sono puntati verso un rinnovato interesse cinese verso l'oro; ma Yi Gang ha provveduto a smorzare le speculazioni anche su questo fronte: "Nell'orizzonte temporale dei prossimi 30 anni l'oro non è un buon investimento, ed è impossibile che diventi uno dei principali canali d'investimento per le riserve cinesi in valuta straniera. Attualmente deteniamo circa mille tonnellate e, anche se raddoppiassimo queste riserve, ai prezzi attuali il valore si aggirerebbe comunque intorno ai 30 miliardi di dollari". Nonostante sia opinione comune che i due terzi delle riserve cinesi siano concentrati sul dollaro, Yi ha sottolineato che la SAFE starebbe sapientemente differenziando i suoi investimenti su euro, yen e anche sulle divise di alcune economie emergenti: "Le riserve in valuta estera sono investite principalmente in bond emessi da governi e agenzie governative di economie sviluppate e in via di sviluppo con alti tassi di ritorno, asset emessi da compagnie e organizzazioni internazionali, fondi, e così via" ha concluso il direttore della SAFE.