Pechino, 7 apr.- Dopo mesi di tempesta, il barometro della controversia sulla rivalutazione dello yuan torna a segnalare sereno: il segretario del Tesoro americano Timothy Geithner ha annunciato sabato scorso che l'uscita del consueto rapporto semestrale sulle politiche valutarie dei principali partner commerciali degli USA, prevista per il 15 aprile prossimo, sarà ritardata. La decisione è il frutto dei negoziati condotti nelle ultime settimane tra Washington e Pechino, tesi a disinnescare una situazione potenzialmente esplosiva, proprio alla vigilia dalla partecipazione del presidente Hu Jintao a un meeting sulla denuclearizzazione che si terrà nella capitale americana: il dossier, lungamente annunciato, potrebbe infatti accusare la Cina di manipolazione di valuta, una mossa capace di avviare una spirale di ritorsioni commerciali tra le due sponde dell'Atlantico. "La prosecuzione degli incontri tra USA e Cina ai massimi livelli costituisce, al momento, la via migliore per tutelare gli interessi statunitensi"scrive Geithner in un comunicato da toni concilianti, che non specifica la nuova data di uscita del rapporto, ma ribadisce comunque la convinzione che il Dragone debba adottare "un tasso di cambio più flessibile". "Penso che si tratti di un segnale positivo,- ha dichiarato Huo Jianguo, a capo del think tank del ministero del Commercio di Pechino - gli Stati Uniti, almeno, stanno lasciando spazio per ulteriori consultazioni e negoziati. Tuttavia, non credo che assisteremo a un aggiustamento dello yuan nel breve periodo. Dobbiamo prima aspettare che la ripresa dell'export cinese venga confermata e verificare come le nostre imprese possano affrontare uno yuan più forte". Lo yuan-renminbi è una valuta non convertibile; Pechino ne ha mantenuto il valore sostanzialmente immutato dal luglio 2008, dopo che a partire dal 2005 la moneta era stata libera di apprezzarsi sul dollaro fino al 21%, suscitando crescenti pressioni per un apprezzamento da parte di USA e Ue: lo yuan debole, secondo Washington e Bruxelles, garantisce alle imprese cinesi un vantaggio sleale e contribuisce in maniera determinante al surplus commerciale del Dragone. "L'amministrazione può scegliere di ritardare la decisione sulla Cina, ma noi non diminuiremo le nostre pressioni" ha dichiarato il senatore democratico Charles Schumer, tra i firmatari di un appello bipartisan del Congresso americano per applicare tariffe e barriere contro le nazioni manipolatrici di valuta. A Pechino, nel frattempo, si assiste a qualche segnale di apertura: Ba Shusong, uno degli economisti di punta del governo cinese, vicepresidente del Financial Research Institute, ha definito l'ancoraggio al dollaro "una misura temporanea, adottata in uno stato di emergenza". Secondo alcune indiscrezioni pubblicate dal quotidiano China Securities News, inoltre, la Banca centrale sta studiando la possibilità di estendere il cambio dello yuan ad altre valute come il rublo russo, il won sudcoreano e il ringgit malese, in una mossa che mira ad ampliare il respiro internazionale della valuta cinese, al momento scambiabile solamente con dollaro, euro, sterlina inglese e dollaro di Hong Kong. Il dibattito sulla rivalutazione dello yuan è particolarmente serrato anche sul fronte interno: i politici cinesi temono che un apprezzamento possa ripercuotersi sull'inflazione e sulle bolle degli asset, in particolare attraverso l'afflusso incontrollato di 'hot money' dall'estero, mentre molti economisti della Banca centrale ritengono che il rischio possa essere contenuto attraverso l'applicazione di misure appropriate. Lasciare fluttuare lo yuan non viene considerata un'opzione praticabile, così come un largo apprezzamento praticato in un colpo solo,capace di provocare uno shock sulle esportazioni. La via più plausibile potrebbe essere quella percorsa nel 2005: un apprezzamento graduale e controllato, mentre altri esperti suggeriscono che un compromesso accettabile sarebbe costituito dall'applicazione di un margine di fluttuazione più ampio su base giornaliera. Le schiarite di questi giorni, insomma, aprono nuovi margini di trattative, ma la questione dell'apprezzamento dello yuan è ancora lontana dalla soluzione.