Roma, 10 giu.- Un nuovo sciopero blocca la produzione dello stabilimento cinese della Honda nel Guandong. In seguito all'accordo raggiunto ieri sera tra la Foshan Fengfu Autoparts – azienda fornitrice di marmitte nata da una joint venture tra Yutaka Giken della Honda e un azienda taiwanese - e gli operai, la catena di assemblaggio della casa giapponese sembrava pronta per ripartire, ma più a sud, nel Guandong, nuove contestazioni minacciano la produzione. Su 1.500 dipendenti della Honda Lock Co. – azienda che fornisce chiavi e sistemi di serrature alla casa nipponica – quasi l'85% di essi ha incrociato le braccia chiedendo un aumento di stipendio da 1.700 a 2.040 yuan (circa 200 euro). "Stiamo raccogliendo informazioni e non sappiamo dire con precisione quando termineranno le contestazioni " spiega un funzionario della sede giapponese della Honda Lock. "Lo stock disponibile dovrebbe coprire uno, due giorni di sciopero, ma se le proteste dovessero continuare la produzione ne risentirebbe". Le contestazioni del Guandong sono solo le ultime di una serie di scioperi che sta preoccupando il PCC il quale tradizionalmente scoraggia azioni indipendenti reprimendole con ogni mezzo. Questa volta però i focolai sono troppi e le proteste troppo ravvicinate nel tempo per poter permettere ai leader cinesi di gestire la situazione. La stessa fabbrica di Foshan potrebbe fermarsi di nuovo: "Stiamo ancora discutendo sui termini del contratto" spiega uno dei lavoratori alla Reuters. "Ci hanno proposto un bassissimo aumento di stipendio ma siamo tornati al lavoro perché il nostro sciopero ha avuto un impatto negativo sulla società. Non vogliamo tutto ciò, vogliamo solo lottare per i nostri diritti". "L'incremento dei salari inciderebbe in modo limitato sui profitti della Honda in quanto il costo del lavoro si aggira attorno al 5-6% del totale" spiega Kohei Takanashi, analista della Jp Morgan. "Gli stipendi dei cinesi equivalgono a un quinto di quelli giapponesi" continua Kohei Takanashi, "se si calcola un aumento dei salari del 30%, l'impatto sul margine operativo cinese sarebbe dello 0,6%". Galvanizzati dal caso Foxconn, che ha concordato con i dipendenti un aumento del salario del 70% sebbene abbia ritrattato la promessa di un risarcimento per le famiglie dei suicidi, e da quello della Honda, molti lavoratori di varie aziende cinesi sono insorti rivendicando stipendi più alti e un miglioramento delle condizioni di lavoro. Tra le fabbriche ribelli, la KOK Machinery di Kunshan nella quale qualche giorno fa circa 2000 operai hanno dato inizio alle contestazioni e un'azienda che produce articoli sportivi per l'Adidas che ha visto migliaia di dipendenti protestare per la morte di alcuni colleghi rompendo finestre e ribaltando macchine. La compagnia nega che ci sia qualche collegamento tra le morti e le proprie politiche aziendali.
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