Pechino, 13 mag.- Dall'inizio dell'anno sembra ormai diventato un appuntamento fisso con cadenza mensile: People's Bank of China ha annunciato nella serata di giovedì un nuovo aumento dei requisiti di riserva obbligatoria delle banche, in quella che è l'ennesima mossa mirata a contenere l'inflazione galoppante. L'innalzamento, che entrerà in vigore dal 18 maggio prossimo, è il quinto dall'inizio dell'anno e porterà al 21% la quota di riserve che i maggiori istituti di credito debbono necessariamente depositare presso la Banca centrale.
Il nuovo aumento corrisponde ancora una volta a 50 punti base: i dati ufficiali diffusi dall'Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino martedì scorso mostrano un incremento del 5.3% dell'indice dei prezzi al consumo, un risultato che segna una lieve flessione rispetto al 5.4% di marzo, ma che si pone comunque al di là delle aspettative e dell'obiettivo del 4% mensile entro il quale il governo vuole contenere l'indicatore nel corso del 2011 (questo articolo).
Inoltre, altre statistiche economiche confermano che la liquidità in circolazione nel sistema cinese è ancora troppo ingente e potrebbe continuare a generare pressioni inflattive: i dati di aprile mostrano anche un aumento del surplus commerciale (+139 milioni di dollari, per un valore complessivo di 11.4 miliardi) e un incremento dei nuovi prestiti erogati dalle banche che – pur essendo in diminuzione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno - hanno raggiunto quota 739.6 miliardi di yuan (79 miliardi di euro) contro i 679.4 miliardi di marzo (72 miliardi circa).
Secondo un calcolo effettuato da Dow Jones la nuova manovra servirà a drenare liquidità per 370 miliardi di yuan (39 miliardi di euro): saranno sufficienti ad arrestare i continui rincari che stanno mettendo a dura prova il tenore di vita di fasce sempre più larghe delle famiglie cinesi?
Le ragioni che hanno scatenato l'inflazione - definita "una tigre" dal premier Wen Jiabao - sono molteplici: nel 2008, allo scoppio della crisi, il governo varò un piano di stimolo da 4 mila miliardi di yuan, a cui si aggiunse l'immensa liquidità immessa dalle banche, su impulso del governo stesso: si stima che tra il 2009 e il 2010 siano stati erogati nuovi prestiti per la cifra record di 17500 miliardi di yuan (pari a 1900 miliardi di euro), circa un quarto del totale dell'economia cinese nello stesso periodo. Il Dragone è così riuscito a chiudere il 2010 con una brillante crescita del 10.3%, e si trova oggi a dover evitare un surriscaldamento dell'economia.
Alle cause endogene, però, vanno anche aggiunte quelle esterne, come ad esempio l'alleggerimento quantitativo da 600 miliardi di dollari deciso dalla FED nel novembre scorso per sostenere l'economia americana (questo articolo), una manovra che secondo molti economisti cinesi ha contribuito a importare inflazione verso le economie emergenti, Cina in primis.
Oltre agli aumenti delle riserve obbligatorie delle banche da ottobre ad oggi la Banca centrale cinese ha aumentato quattro volte i tassi d'interesse, ma secondo molti osservatori si potrebbe assistere a misure ancora più drastiche come un apprezzamento dello yuan (questo articolo), un provvedimento che nelle ultime settimane lo stesso Wen Jiabao non ha escluso come extrema ratio per sconfiggere l'inflazione.
di Antonio Talia
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