Pechino, 1 mar. - Non solo la Cina continua ad essere il primo creditore degli USA, ma i titoli denominati in dollari in suo possesso sono ancora maggiori del previsto: le statistiche riviste dal Tesoro americano diffuse ieri mostrano come alla fine del 2010 le riserve in valuta statunitense abbiano raggiunto quota 1160 miliardi di dollari, ben al di là degli 891.6 miliardi stimati precedentemente. Alla fine di ottobre, inoltre, i titoli del Tesoro USA accumulati nei forzieri del Dragone avevano raggiunto la cifra record di 1175 miliardi di dollari. Secondo molti osservatori i nuovi dati dimostrano l'infondatezza dei timori che serpeggiavano a Washington in merito a un progressivo disimpegno della Cina nel sostenere il debito pubblico americano: dietro Pechino si conferma Tokyo, con 882.3 miliardi contro gli 883.6 della precedente revisione. Al terzo posto si piazza la Gran Bretagna, con 272.1 miliardi contro i 541.3 stimati in un primo momento; un dato che conferma il trend indicato da numerosi analisti già lo scorso anno, secondo il quale la Cina continua ad acquistare titoli del debito pubblico americano utilizzando Londra come piazza terza.
Le riserve in valuta estera detenute da Pechino erano già le più vaste al mondo, ma nel 2010 hanno registrato un ulteriore aumento da Guinness: i dati resi noti a gennaio dalla State Administration of Foreign Exchange - l'amministrazione Forex cinese - mostrano che le riserve custodite dalla Cina hanno raggiunto quota 2850 miliardi di dollari, registrando così una crescita del 18.7% rispetto ai livelli del 2009 (questo articolo); a determinare il risultato hanno contribuito in maniera determinante gli ultimi due trimestri, nel corso dei quali Pechino, sempre secondo i dati cinesi, ha accumulato rispettivamente 194 e 199 miliardi di dollari in moneta straniera. Nonostante il Dragone non riveli mai l'esatta composizione delle sue riserve Forex, nel settembre dello scorso anno (quando la valuta estera in mano cinese si attestava ancora intorno ai 2450 miliardi di dollari) anonime fonti governative citate dal China Securities Journal rendevano noto che la stragrande maggioranza di esse (65%) era da ritenersi denominata in dollari, seguiti a una certa distanza da bond europei (26%), sterline britanniche (5%) e yen giapponesi (3%), cifre in linea con le proiezioni di economisti e analisti occidentali.
di Antonio Talia
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