Riparte lo shopping tra i corporate
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Riparte lo shopping tra i corporate

Riparte lo shopping tra i corporate

Obbligazioni. Operatori ottimisti sui settori difensivi e sulle imprese attive nell'export verso i Paesi emergenti, Cina e India in testa
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PAGINA A CURA DI
Guido Plutino
Cresce la confusione sotto il cielo delle obbligazioni societarie. Forse è normale che sia così: alle usuali sfumature strategiche dei diversi investitori si aggiunge infatti l'interpretazione di una fase obiettivamente complessa, nella quale i segni di ripresa si affiancano ai nodi ancora da sciogliere, con il risultato di accrescere le dissonanze.
A fianco di chi punta sui bond societari ci sono dunque operatori che sostengono di tenersene alla larga. Alla prima posizione sembra aderire Christian Dargnat, ceo di Bnp Paribas Asset Management: «Per quanto riguarda il mercato dei bond - commenta Dargnat - non siamo, in generale, grandi sostenitori delle obbligazioni statali, perché sono rese poco attraenti dalla capacità di recupero della crescita economica, dalle tensioni limitate ma reali sull'inflazione, dalla possibilità di aumenti dei tassi d'interesse da parte delle Banche centrali in futuro e da una valutazione degli stessi bond governativi, a nostro avviso, alta. Preferiamo le obbligazioni corporate, in particolare quelle high yield, perché sono sostenute dalla buona salute delle imprese e offrono rendimenti più elevati».
In generale, il mondo delle imprese può offrire all'investitore almeno tre "plus": la maggior parte delle ristrutturazioni è stata effettuata, gli indebitamenti sono stati ridotti e la capacità di generare cassa risulta in ripresa. Per chi invece vede il bicchiere mezzo vuoto pesa un altro elemento. Proprio il miglioramento delle condizioni economiche ha portato a una progressiva riduzione degli spread (cioè dei differenziali di tasso) delle obbligazioni societarie rispetto alle governative, rendendo così meno attraenti i loro rendimenti. A questo si aggiunge il susseguirsi di avvenimenti - non solo economici - che contribuiscono a rendere più gracile una ripresa già poco dinamica e di conseguenza la salute stessa delle aziende. Dunque, stando così le cose, perché rischiare?
L'offerta sul mercato comunque non manca e, anzi, la pressione sembra in aumento nonostante la galoppata del 2010. Secondo l'ultimo Rapporto Dealogic, mentre l'offerta equity segna il passo quella obligazionaria continua a correre. Nel primo trimestre 2011 le emissioni mondiali di bond governativi e corporate hanno superato i 554 miliardi di euro. Rispetto al quarto trimestre 2010 l'incremento di controvalore è del 112 per cento. Molto vivace il settore delle obbligazioni corporate, in particolare nel segmento a rischio più elevato (high yield), con 27 emissioni per un controvalore di oltre 15 miliardi di euro. Una tendenza destinata a proseguire per effetto delle nuove regole di Basilea 3, che renderanno più restrittivi i criteri di valutazione per l'erogazione di prestiti alle imprese.
Il trend è confermato dai dati Thompson Reuters sempre riferiti al primo trimestre 2011. In Europa le emissioni corporate sono state 83, per un totale di 46 miliardi di euro. Ma i veri protagonisti sono stati i bond bancari, con 240 emissioni e un controvalore di 97 miliardi di euro.
Nel mercato dei capitali sembra prevalere un atteggiamento favorevole ai corporate bond, anche se temperato da un approccio selettivo. Dal punto di vista del rischio, nel segmento investment grade piacciono i titoli con rating BBB, mentre nell'high yield vengono privilegiati i bond BB. Quanto ai settori, in cima alle preferenze troviamo le società non finanziarie che dispongono di flussi di reddito diversificati, gestione sana e bilanci trasparenti. Continua invece l'atteggiamento di prudenza nei confronti delle società finanziarie.
«Non bisogna poi dimenticare - aggiunge Angelo Drusiani, responsabile obbligazionario di Banca Albertini Syz - che in un portafoglio di bond dovrebbe sempre essere presente una quota di corporate, indipendentemente dalle contingenze quotidiane e anche da valutazioni basate esclusivamente sul rendimento, per tenere sotto controllo il rischio emittente. Questo si può fare solo attraverso la diversificazione. Spesso invece si tende a sottovalutare la rischiosità che è presente in molte obbligazioni governative».
I mesi che ci separano dall'estate aiuteranno a chiarire lo scenario, anche se nel mondo societario al momento i pericoli di default sembrano contenuti. «Molte aziende che emettono bond - conclude Drusiani - hanno prospettive interessanti per il 2011. I settori più promettenti sono l'auto, la telefonia e in genere le società che esportano verso i Paesi emergenti, Cina e India in testa».
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Investment grade
La definizione di "investment grade" indica strumenti di investimento, azioni e bond, ritenuti affidabili dagli operatori istituzionali. Si tratta dunque di titoli emessi da società con bilanci in ordine, ben gestite e con favorevoli prospettive di business. Tutto questo viene riflesso nel rating, il giudizio espresso da agenzie specializzate. Nel caso dei titoli investment grade, il rating è elevato e comunque superiore alla tripla B. Sotto questo livello si entra invece nel mondo degli strumenti high yield, cioè ad alto rischio, caratterizzati da bassi livelli di rating che riflettono il pericolo di default o di insolvenza. Per attrarre l'investitore, l'obbligazione high yield offre rendimenti superiori a quelli dei bond considerati sicuri

11/04/2011
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