RINNOVABILI: OCCHI PUNTATI ANCHE SULLA CINA

RINNOVABILI: OCCHI PUNTATI ANCHE SULLA CINA

Roma, 20 apr.- Mentre una parte del Paese si interroga sui vantaggi e, soprattutto, sui rischi dell'energia nucleare, un'altra non sembra avere dubbi: il futuro è 'verde'. E a questo proposito massicci investimenti sono già stati convogliati nel settore delle energie rinnovabili anche alla luce delle scelte di politica energetica italiana. E sul ruolo dell'Italia all'interno del contesto internazionale delle rinnovabili e delle prospettive future del settore verde si è concentrato il convegno "Energie rinnovabili: le scelte della politica italiana" organizzato da Althesys e che si è svolto martedì a Roma. Un incontro che, oltre a esaminare la situazione italiana, ha dedicato ampio spazio alla Cina evidenziando quelli che sono gli aspetti più salienti del settore verde cinese attraverso l'intervento di Bai Mei, studiosa cinese dell'Accademia di Scienze Sociali di Pechino ed editorialista di AgiChina Energy. Il convegno è stato inoltre l'occasione per presentare l'annuale Irex Annual Report 2011.

 

Un rapporto dal quale emergono dati positivi riguardo lo sviluppo del settore verde in Italia e gli investimenti nelle energie pulite, ha spiegato l'amministratore delegato di Althesys Strategic Consultant  Alessandro Marangoni, economista aziendale ed esperto di strategia e finanza nel settore dell'energia e dell'ambiente. Nel 2010 – ha detto Marangoni -  sono state effettuate 203 operazioni per 12,3 miliardi di euro di investimenti, una parte consistente delle quali ha riguardato la costruzione di nuovi impianti, creazione di nuovi progetti, acquisizioni, costituzione di joint venture, aumenti di partecipazione e accordi di fornitura. Il settore rinnovabile, composto da fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermico, biomasse e waste-to-energy, si dimostra dinamico, in crescita, e sempre più focalizzato sullo sfruttamento a tutto tondo delle risorse ed energie naturali. Secondo l'Irex Report, sono infatti le imprese pure renewable - ovvero quelle che si occupano solo di rinnovabili - a trainare il settore nel quadro degli investimenti e delle operazioni, e tra questi soprattutto il fotovoltaico e l'eolico hanno manifestato nel 2010  trend di crescita più elevati – si tratta di investimenti di 6 miliardi di euro, equivalenti allo 0,4% del Pil italiano-. E la loro dinamicità, soprattutto per quanto riguarda il comparto eolico, si protrae anche all'estero: alcuni dei gruppi di maggiori dimensioni hanno avviato processi di internazionalizzazione, le loro attività si stanno progressivamente insediando in vari Paesi europei, alla ricerca di mercati ancora non del tutto saturi. Per quanto riguarda la crescita esterna, in aumento del 27% rispetto al 2009, la costituzione di joint venture e gli accordi tra imprese italiane e internazionali risulta vantaggiosa per entrambe le parti: da un lato, la collaborazione con l'Italia consente alle imprese estere una maggiore facilità di azione dal punto di vista normativo e territoriale nel contesto nazionale, dall'altra, le stesse imprese italiane hanno, in tal modo, la possibilità di beneficiare del know-how e delle risorse finanziare estere.

 

Tuttavia, ha sottolineato Marangoni, alcuni fattori intrinseci al sistema italiano fanno sentire il loro peso sullo sviluppo delle rinnovabili. Alla congiuntura economica sfavorevole si sono sommati, infatti, gli effetti di un regolamento normativo labile, che va a condizionare la profittabilità degli investimenti, facendo aumentare il margine di rischio, percepito o reale, da parte degli operatori. "Nonostante la minore capitalizzazione, - si legge nel rapporto - il trend del settore delle rinnovabili anche nel 2010 mostra maggiore stabilità rispetto a quello dell'energia tradizionale (FTSE Oil & Gas)". Nel quadro europeo, l'Italia presenta costi più elevati, ma un rapporto tra costi e ricavi minore rispetto alla media europea. La crescita del settore delle Fonti Energie Rinnovabili (FER), è strettamente connessa alle caratteristiche geografiche territoriali di un Paese, al suo settore industriale e alla legislazione in materia. Una diminuzione dei costi può essere incentivata dal ricorso alla modernizzazione tecnologica, come sta già avvenendo negli ultimi anni.

 

Tra i punti i forza delle FER, ha spiegato Marangoni, benefici netti per 24-32 miliardi di euro fino al 2020 e vantaggi quali la creazione di nuovi posti di lavoro durante la fase di installazione e manutenzione, riduzione di emissioni di CO2 e di altre sostanze inquinanti, e positive ricadute sul PIL. Alla luce di una maggiore sostenibilità dello sviluppo delle FER risulta fondamentale – si legge ancora nel rapporto - aumentare l'efficienza energetica al fine di moderare lo sforzo che l'Italia dovrà sostenere per raggiungere il target di copertura del 17% dei consumi finali da FER, in base alla Direttiva 2009/28/CE.

 

E dai progetti di casa nostra si è passati poi al confronto tra Italia ed Europa e, soprattutto, Asia per valutare l'efficacia delle politiche e la competitività italiane a livello internazionale. A sottolineare come il mercato rinnovabile sia un mercato globale è stato Paolo Frankl, responsabile del settore rinnovabili dell'IEA (International Energy Agency), il quale, ricordando il primato della Cina nell'eolico e gli attuali sforzi nello sviluppo del settore solare, invita all'utilizzo di tutte le fonti di energia rinnovabile, per attutire i danni all'ambiente e garantire al nostro Paese la sicurezza di approvvigionamento energetico. Frankl evidenzia come in Italia sia necessaria una diminuzione dei costi degli incentivi - i più costosi al mondo dal 2007-, mantenuti così alti a causa di una forte subordinazione dei prezzi al sistema degli incentivi e non ai meccanismi del mercato internazionale. È necessario, infine secondo Frankl, un maggiore ricorso a politiche più dinamiche e veloci, che rispecchino l'andamento internazionale e potenzino l'utilizzo delle FER per assicurare un miglioramento delle condizioni climatiche.

 

Infine, riflettori puntati sul Dragone il cui punto debole, spiega Bai Mei - portavoce think tank legato al governo cinese – è rappresentato proprio dalla forte dipendenza dall'estero in tema di petrolio.  Nel 2010, spiega Bai, il consumo di petrolio è stato di 418 milioni di tonnellate mentre l'importazione di greggio ha raggiunto 239 milioni di tonnellate. In definitiva, la Cina ha una dipendenza dall'estero del 55%. Il ricorso alle energie rinnovabili appare dunque una tappa essenziale per un Paese altamente popolato e dove i consumi sono particolarmente elevati. Un necessità più che una scelta che ha regalato al settore delle energie pulite – in particolare all'idraulico e al fotovoltaico - un posto d'onore nelle linee guida l'XI piano quinquennale (2006-2010).

 

Ma quali sono i settori verdi più promettenti? L'energia idroelettrica si configura come l'unica energia pulita sfruttabile su larga scala, spiega ancora Bai che definisce l'energia idroelettrica cinese "grande e piccola" allo stesso tempo: piccola perché più di 45 mila piccoli impianti idroelettrici sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, e grande per via della maestosa costruzione della diga delle Tre Gole. La capacità installata dei piccoli impianti è di 5000 KW e la produzione di energia elettrica annua è di circa 150 miliardi di KW/H; queste piccole centrali hanno permesso di estendere la diffusione di energia elettrica ai territori più lontani e alle campagne. La capacità installata della diga delle Tre Gole, la più grande al mondo attualmente, è di 18,2 milioni di KW, con una produzione annua di energia elettrica pari a 84,7 miliardi di KW, che permettono di sostituire 40 milioni di tonnellate di carbone.

 

La Cina, assicura Bai Mei, ha avuto modo di maturare una certa esperienza nel settore idroelettrico ed un avanzato sviluppo tecnologico.

 

Per quanto riguarda le prospettive di sviluppo, Bai non ha dubbi: è l'eolico il settore più promettente. Una risorsa, il vento, sfruttata soprattutto in Cina, Europa e Nord America. Alla fine del 2010 la capacità installata di energia eolica a livello mondiale ha raggiunto i 194 milioni di KW, la produzione di energia elettrica annuale è stata di 340 miliardi di KW, pari a circa il 2% del consumo di elettricità globale. "La Cina – afferma Bai – ha abbondanti risorse di energia eolica, ma la distribuzione non è uniforme: è più sviluppata sulla costa orientale, mentre ha una scarsa qualità di funzionamento nella Cina Occidentale, a causa di condizioni economiche più arretrate". L'utilizzo di energia eolica in Cina continua ad avanzare a passo spedito raggiungendo per il quarto anno consecutivo il 100% di crescita. Nel 2010 sono stati avviati 378 nuovi progetti di costruzione, con investimenti di 3.000 miliardi di yuan (più di 300.000 miliardi di euro). Tuttavia, ammette Bai, l'efficienza eolica deve essere migliorata e la distribuzione resa più omogenea.

 

Meno sfruttato, ma oggetto di particolare interesse da parte di Pechino è il settore delle biomasse, risorse che possono essere ricavate dai rifiuti dell'industria e dell'agricoltura. Il governo sta incentivando la produzione di energia da biomasse, in particolar modo di bio-combustibile liquido, che potrebbe essere sostituito al petrolio. Le biomasse potrebbero inoltre compensare anche la produzione di energia elettrica, sostituendosi al metano, impiegato in campagna per la cucina e l'illuminazione e che immette nell'ambiente circa 10 milioni di tonnellate di CO2. Lo sviluppo di questo settore, sostiene Bai, è tuttavia influenzato dalla distribuzione delle risorse e dagli elevati costi tecnologici.

 

E dal vento Bai passa poi al sole: il settore fotovoltaico è ampiamente sfruttato su scala mondiale, per cui i costi stanno rapidamente diminuendo. La Cina può contare su grandi  risorse di energia solare, soprattutto nelle aree occidentali dove l'irraggiamento è più elevato. Ma esistono altrettanti problemi che ne condizionano lo sviluppo, come i costi elevati, la mancanza di incentivi, un mercato interno piccolo, scarsa tecnologia e poca competitività.

 

Infine, una panoramica su energia geotermica e marina. Per quanto riguarda la prima, si tratta di una risorsa che consente l'uso diretto di energia geotermale e la generazione di energia elettrica, benché quest'ultima sia limitata. La Cina, sostiene Bai, ha un potenziale di 14 milioni di KW di capacità installata da utilizzare nei prossimi anni. L'uso di questa risorsa viene concentrato in bagni termali e trattamenti a scopo terapeutico. Ha una complessiva capacità di generazione elettrica di 20.000 KW e ampio spazio di sviluppo in futuro. Diverso è invece il caso dell'energia marina che, sostiene Bai, è risorsa che ha minori capacità di rinnovarsi, per via di costi alti e scarso sviluppo tecnologico.

 

Tre i fattori che condizionano le FER in Cina: quello tecnologico, quello legato alla disponibilità delle risorse e quello legato ai costi. Ed è in particolare quest'ultimo a compromettere la crescita del settore, soprattutto per quanto concerne le biomasse.

 

Giovanna Di Vincenzo

 

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