RIARMO TAIWAN USA: "NO F-16"

Pechino, 21 set.- Un ammodernamento della flotta aerea F-16 A/B garantirà la stessa qualità rispetto all'invio di 66 nuovi aerei attesi da Taipei. Questa la risposta un ufficiale del governo americano alle nuove richieste di Taiwan di caccia F-16 C/D di ultima generazione. Venerdì scorso, l'amministrazione Obama aveva dichiarato in modo informale che avrebbe fornito all'isola una versione più avanzata e moderna dei vecchi Lockheed Martin F-16 A/B, decisione che il Congresso dovrebbe approvare ufficialmente mercoledì. Tuttavia la vendita del "pacchetto" di armi da 4,2 miliardi di dollari promessa dagli Stati Uniti comprenderebbe soltanto aerei F-16 dotati di un nuovo sistema radar AESA, presente in numerosi jet C/D e in grado di seguire un numero più ampio di obiettivi senza che il segnale venga individuato, missili aria-aria più avanzati e un sistema di individuazione che aiuti i piloti a centrare il bersaglio. Tuttavia Washington non fornirà nuovi motori senza i quali Taiwan non sarebbe in grado di mandare in pensione la sua vecchia flotta.
Questa decisione potrebbe così costare meno agli Stati Uniti, non solo in termini finanziari. La reazione di Pechino tramite il portavoce del ministero degli Esteri appare chiara: "la Cina si oppone fermamente alla vendita di armi a Taiwan" e scoraggia gli USA al fine di evitare di compromettere le relazioni sino-americane e il loro sviluppo pacifico nello stretto. Il viceministro degli Esteri, Zhang Zhijun, ha dato ordine di convocare l'ambasciatore americano a Pechino, Gary Locke, per esprimergli la "forte protesta" della Cina all'operazione. Lo riferisce l'agenzia ufficiale Xinhua. Per Pechino la decisione Usa di ammodernare la flotta di jet militari taiwanese invia "un segnale estremamente sbagliato" alle forze che sostengono l'indipendenza di Taipei e minaccia "gli interessi centrali" cinesi nell'isolaIl rischio è quello in un nuovo congelamento dei rapporti militari tra i due Paesi, uno stallo in cui sono caduti già lo scorso anno in seguito alla decisione di Obama di vendere 6,4 milioni in armamenti all'ex-Formosa. Il disgelo è avvenuto quasi un anno dopo con la visita ufficiale di gennaio del presidente cinese Hu Jintao negli USA, seguita da quella del vicepresidente americano Joe Biden in Cina ad agosto. Tuttavia, secondo alcuni analisti - riposta il Washington Post – nonostante Pechino abbia necessità di esprimere il proprio disappunto sugli ultimi accordi, non intende rischiare una nuova interruzione delle relazioni.
La questione del riarmo di Taiwan - isola che si proclama indipendente, ma che per la Cina è parte integrante del proprio territorio - è tra le più spinose tra le due potenze economiche. Il ministro della Difesa Nazionale taiwanese Andrew Yang ha affermato durante la conferenza annuale sulla Difesa che "in questi anni la Cina sta reagendo con molta più forza alla vendita di armamenti tra USA e Taiwan, e questo ha reso l'America più prudente". Pechino ha registrato negli ultimi vent'anni una crescita a due cifre della spesa militare e dispone di centinaia di missili e jet da guerra moderni puntati sull'isola. Dal canto loro, gli Stati Uniti sono obbligati da un accordo del 1979 – il Taiwan Relation Act – a sostenere la sua difesa, e non intendono venir meno agli impegni.
Gli esperti della difesa americana tuttavia sostengono che l'ammodernamento della flotta sia insufficiente a ribaltare l'equilibrio militare attualmente a favore della Cina. I circa 300-400 aerei Su-27 e Su-30 - cosiddetti "Flankers"- di progettazione russa e i nuovi missili balistici anti-nave in possesso di Pechino, che Taiwan e Stati Uniti ritengono ormai operativi, fanno prevedere maggiori rischi in caso di intervento nello stretto. "Realisticamente, un F-16 non è competitivo contro un Flanker" afferma Carlo Kopp, esperto di aviazione militare cinese.
di Federica Morese
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