Pechino, 15 ott.- Germania e Stati Uniti lanciano nuovi strali sulla Cina, proprio mentre a Pechino si apre uno dei più importanti appuntamenti annuali del Partito Comunista Cinese, che dovrà definire le linee generali del nuovo piano quinquennale, e a Washington si attende il rapporto semestrale del Tesoro, che potrebbe definitivamente accusare il Dragone di manipolazione di valuta. I dati diffusi ieri dal Dipartimento del Commercio USA mostrano come nel mese di agosto il surplus commerciale della Cina verso gli Stati Uniti abbia raggiunto un nuovo record: toccando 28 miliardi di dollari, con le esportazioni da Pechino a Washington che salgono a quota 35.3 miliardi e quelle in senso inverso che scendono invece a 7.3 miliardi, si raggiunge così il livello più alto dallo scoppio della crisi globale. "Lo yuan non deve diventare il capro espiatorio dei problemi interni degli americani" ha ammonito il portavoce del ministero del Commercio cinese Yao Jian: il riferimento è esplicitamente rivolto all'amministrazione Obama, che proprio oggi potrebbe accogliere le pressioni esercitate dal Congresso accusando definitivamente Pechino di mantenere artificialmente basso il valore dello yuan.
Molti osservatori sottolineano come negli ultimi mesi i toni del Dipartimento del Tesoro USA verso la Cina si siano progressivamente induriti: "Sono i mercati, e non i governi, che dovrebbero determinare il tasso di cambio di una valuta" ha recentemente dichiarato il segretario del Tesoro USA Timothy Geithner, che mesi fa si era mostrato più malleabile, rimandando da aprile a luglio la pubblicazione del rapporto proprio per agevolare manovre diplomatiche con Pechino. Ma le recenti mosse della Banca centrale cinese non hanno soddisfatto l'amministrazione USA né tantomeno il Congresso, sotto pressione per l'elevato livello di disoccupazione e le elezioni di midterm di novembre che si avvicinano: da quando lo yuan è stato disancorato dal dollaro, nel giugno scorso, ha guadagnato sul biglietto verde un magro 2.5%. Se oggi la Cina venisse effettivamente bollata come manipolatrice di valuta dal Tesoro USA sarebbe il primo caso del genere in 16 anni - nel 1994 toccò proprio a Pechino -, una mossa capace secondo molti analisti di scatenare una vera guerra commerciale tra le due sponde del Pacifico, dopo la guerra monetaria combattuta a colpi di svalutazioni competitive che sembra ormai in corso da settimane tra diversi Stati. E se il fronte Pechino-Washington minaccia di farsi incandescente, anche su quello Pechino-Bruxelles non si dormono sonni tranquilli.
Le società pubbliche cinesi ottengono aiuti di Stato "direttamente da Pechino" e stanno sbaragliando la concorrenza straniera in Europa dell'Est e Asia Centrale attraverso "dumping dei prezzi e forme di finanziamento estremamente aggressive": l'atto d'accusa - al quale la Cina non ha ancora risposto - arriva da Berlino ed è contenuto in un dossier pubblicato dalla Commissione Tedesca per le Relazioni con l'Europa Orientale, una commissione che raccoglie 5 associazioni di categoria e 140 società tedesche. Ma l'attacco più duro gli industriali tedeschi lo sferrano all'inizio del rapporto: "La Cina sembra guidata più da motivazioni geopolitiche che non economiche - si legge nell'indagine - con conseguenze potenzialmente molto dannose per l'Unione europea.
C'è una relazione diretta tra i finanziamenti concessi dalle banche cinesi per finanziare potenziali progetti all'estero e gli interessi strategici". Alcuni esempi? Secondo la Commissione, una società di stato chiamata China Overseas Engineering Group ha recentemente vinto l'appalto per la costruzione di un'autostrada in Polonia tagliando di un terzo l'offerta più bassa. In Serbia un'altra società cinese si è aggiudicata la costruzione di un ponte del valore di 170 milioni di euro grazie a un prestito da 145 milioni concesso da Export-Import Bank of China a tassi d'interesse più che dimezzati rispetto a quelli praticati sul mercato europeo, mentre le banche kazache si sarebbero già completamente rivolte a Pechino per rifinanziarsi.
In un discorso tenuto ieri davanti alla Commissione, il premier tedesco Angela Merkel ha definito "di impellente necessità per l'Europa" mantenere alto il livello di competizione con la Cina, soprattutto sul fronte dell'approvvigionamento delle materie prime, senza commentare direttamente né il dossier né le recenti affermazioni del presidente di Bundesbank Axel Weber, che qualche giorno fa aveva fatto sentire la sua voce nelle polemiche sullo yuan accusando esplicitamente Pechino di manipolare la propria valuta.
di Antonio Talia
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