RAPPORTO "CHINA 2030", IL PAESE E' A UN PUNTO DI SVOLTA

RAPPORTO "CHINA 2030", IL PAESE E' A UN PUNTO DI SVOLTA

di Antonio Talia

Pechino, 27 feb.- L'economia cinese è a un punto di svolta, se Pechino vuole evitare la crisi deve lanciare riforme economiche con la massima urgenza: eccolo il rapporto "China 2030" di cui tanto si è parlato nei giorni scorsi, il dossier realizzato dalla Banca Mondiale e da un importante think tank cinese che vanterebbe anche  il forte appoggio di alcuni settori del governo. "L'attuale modello di crescita cinese è insostenibile" ha dichiarato il presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick durante la presentazione del dossier a Pechino.  "La necessità di riforme è incalzante- ha detto ancora Zoellick- e la Cina si trova davvero a un punto di svolta. Non è più tempo di esitazioni, adesso bisogna anticipare gli eventi e adottare cambiamenti drastici all'economia mondiale e alle economie nazionali".

Giovedì scorso il Wall Street Journal aveva pubblicato diverse anticipazioni sul contenuto del dossier, con il quale World Bank e Centro Ricerche Sviluppo –il think tank che risponde direttamente al Consiglio di Stato- puntano esplicitamente ad influenzare la prossima generazione di leader del Partito Comunista Cinese, che succederà all'attuale governo nell'ottobre prossimo. Le anticipazioni del WSJ si sono dimostrate veritiere: "China 2030: Building a Modern, Harmonious and Creative High-Income Society" sostiene effettivamente che il Dragone potrebbe sprofondare nella "trappola del reddito medio", quel pantano di bassa produttività nel quale sprofondano le economie in via di sviluppo dopo essere riuscite a conquistare un reddito medio procapite tra i 3mila e i 6mila dollari. Come anticipava il WSJ giovedì scorso, "China 2030" mette sotto accusa un modello fondato sulla supremazia delle grandi aziende di Stato e su un sistema finanziario legato a doppio filo al governo, in cui le grandi banche sono di fatto controllate dalla politica.

Di nuovo rispetto alla scorsa settimana c'è che il dossier identifica sei "direzioni strategiche" che Pechino deve imboccare per evitare che nei prossimi anni la sua crescita risulti dimezzata: completare la transizione verso un'economia di mercato, accelerare il ritmo dell'apertura alle innovazioni, l'adozione di tecnologie "verdi" capaci di risolvere i problemi ambientali e fare da volano allo sviluppo, un'espansione del settore dei servizi, modernizzazione e rafforzamento del sistema fiscale, e infine la ricerca di "relazioni reciprocamente vantaggiose" attraverso una connessione tra queste riforme strutturali e "i cambiamenti in atto nell'economia internazionale".

Nell'anno del cambio della guardia il rapporto pare destinato a diventare un elemento centrale del dibattito politico, soprattutto perché le voci su un appoggio da parte di alcuni settori del Partito Comunista Cinese paiono in parte confermate dagli avvenimenti degli ultimi giorni.
Senza una sponda politica che fornisce sostegno a "China 2030", diventerebbe molto difficile spiegare l'editoriale della scorsa settimana con il quale il Quotidiano del Popolo chiede una riforma del sistema dell'hukou –i permessi di residenza-, curiosamente anche una delle riforme suggerite dal dossier di World Bank e Center for Development and Research. 

Nell'intraprendere le ricerche per il dossier, la Banca Mondiale aveva ottenuto il placet di Li Keqiang, attuale vicepremier e probabile prossimo primo ministro. Il probabile futuro presidente e segretario del PCC Xi Jinping non ha ancora espresso posizioni chiare. Tra endorsement e opposizioni degli elementi più conservatori del Partito, è ancora presto per dire se "China 2030" diventerà l'agenda dell'amministrazione Xi Jinping-Li Keqiang.

 

 

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