Rallentano i prezzi in Cina
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Rallentano i prezzi in Cina

Rallentano i prezzi in Cina

Pechino. A ottobre l'inflazione è salita al tasso del 5,5% rispetto al 6,1% registrato a settembre
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SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
L'inflazione cinese abbassa la testa. A ottobre, l'indice dei prezzi al consumo ha registrato un incremento su base annua del 5,5 per cento.
Si tratta di una significativa contrazione rispetto all'aumento del costo della vita di settembre (6,1%). Ma, soprattutto, si tratta di un segnale importante sotto il profilo tendenziale: quella di ottobre, infatti, è la terza discesa consecutiva del tasso d'inflazione cinese dopo il picco massimo degli ultimi tre anni (6,5%) raggiunto a luglio; ed è anche il livello più basso segnato dallo scorso aprile.
La corsa dei prezzi sta rallentando perché i rincari dei generi alimentari, che furono la causa della fiammata inflazionistica iniziata dell'autunno 2010, si sta progressivamente attenuando. A ottobre, sebbene abbiano registrato un incremento su base annua del 39%, la carne di maiale (è la principale fonte di energia alimentare della popolazione cinese) è scesa dell'1,8% rispetto al mese precedente. Nello stesso tempo, anche i prezzi delle uova e del pesce hanno ridotto sensibilmente la loro ascesa, mentre quelli della verdura sono addirittura calati.
Il Governo, per il quale l'inflazione è un autentico spettro perché rischia di innescare malcontento sociale nel Paese, spera che la recente flessione dei prezzi delle derrate alimentari sia il punto di svolta nella guerra senza quartiere ingaggiata un anno fa contro il carovita. «Il graduale aumento dell'offerta di carne di maiale dovrebbe contribuire alla discesa dei prezzi anche nei prossimi mesi», sostiene Dong Tao, economista di Credit Suisse.
I dati forniti ieri dall'Ufficio statistico di Pechino contengono altre due indicazioni rincuoranti per la nomenklatura: a ottobre, anche l'inflazione non-food ha perso slancio; frattanto, il tasso di incremento dell'indice dei prezzi alla produzione è sceso al 5%, ben al di sotto del 7,5% raggiunto a luglio.
Insomma, sebbene sia ancora presto per cantare vittoria, la temperatura dei prezzi sembra ormai destinata a scendere. Prova ne sia che tutti gli analisti prevedono che nei prossimi due mesi il tasso d'inflazione si attesti tra il 4 e il 5 per cento.
Ma, oggi più che mai, l'incertezza sulle sorti dell'economia globale rende la vita assai difficile ai timonieri della politica economica cinese. Neanche il tempo di festeggiare la frenata del carovita, infatti, e all'orizzonte spuntano già nuovi problemi che minacciano l'equilibrio macroeconomico della superpotenza asiatica.
Un'altra serie di dati annunciati ieri confermano inequivocabilmente che, oltre ai prezzi, anche la corsa dell'economia cinese sta rallentando. A ottobre, la produzione industriale è aumentata "solo" del 13,2%, registrando il tasso d'incremento più basso degli ultimi dodici mesi. Frattanto, le vendite di automobili sono salite dell'1,4% anno su anno, mettendo a segno però una flessione del 7,5% rispetto a settembre.
Con una congiuntura internazionale che non promette nulla di buono, oggi anche le prospettive a medio termine dell'economia cinese appaiono dunque piuttosto incerte. Il che lascia pensare che a Pechino la stagione del caro denaro stia volgendo al termine. Nei prossimi mesi, se l'economia rallenterà ulteriormente il passo e l'inflazione proseguirà la sua discesa, la People's Bank of China invertirà sicuramente la rotta per tentare di stimolare la crescita, sostengono in coro gli analisti.
Il primo passo in questa direzione sarà sicuramente la riduzione della riserva obbligatoria per le banche (oggi al livello record del 21,5%) che, secondo molti osservatori, potrebbe arrivare già prima della fine dell'anno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

10/11/2011
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