Quell'impero nato in un capannone
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Quell'impero nato in un capannone

Quell'impero nato in un capannone

L'ascesa dei Malacalza, da Genova a Shanghai
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L'ultimo investimento, ancora in via di definizione, è il San Raffaele: la famiglia Malacalza insieme allo Ior (cioè la banca vaticana) si è detta disponibile a rilevare ospedali e attività di ricerca per 250 milioni con l'accollo di passività per 500 milioni. Ma l'ex regno di Don Verzè, per l'imprenditore Vittorio Malacalza, 74 anni, insieme ai figli Davide, 46 e Mattia, 43, rappresenta solo uno dei tanti business e progetti su cui da tempo il gruppo è impegnato.
Il debutto ufficiale dei Malacalza nel mondo della «finanza» in senso stretto risale allo scorso anno con la scelta di investire nella catena di controllo Pirelli. Vittorio Malacalza è stato nominato vice presidente della Bicocca, Davide e Mattia sono stati scelti rispettivamente come Vice presidente di Camfin e di Gpi. Le cariche hanno sigillato nei ruoli un'alleanza fino ad allora scritta solo nella proprietà. La Malacalza Investimenti srl intestata per il 48% a testa a Davide e Mattia, mentre Vittorio è proprietario di una quota del 4% è il veicolo attraverso cui la famiglia controlla il 12,1% di Camfin e il 30,9% di Gpi. Un investimento strategico, quella nel gruppo dei pneumatici, che ha pesato poco, in termini assoluti, nel bilancio del gruppo che può contare su un conto in banca che vale un miliardo e zero debiti.
Già perché il nuovo socio di Marco Tronchetti Provera fa industria da quasi mezzo secolo. Partito negli anni '60 come piccolo imprenditore nel settore edilizio e della costruzione di strade, business che affiancava alla vendita di tubazioni e valvolame industriale in un piccolo capannone a Genova, a metà degli anni Novanta il suo gruppo è arrivato a fatturare più della Lucchini di Brescia, di cui diventerà socio nella Ferriera di Trieste e insieme al quale cercherà di scalare la Ilva. La svolta, finanziaria e industriale, risale a metà degli anni 80, quando Malacalza ha rilevato una quota della Duferco, uno dei leader mondiali del trading di acciaio, entrando in società con Bruno Bolfo fino a diventarne socio paritetico. Dopo dieci anni, poi, il divorzio con una maxi liquidazione che l'imprenditore genovese decise di investire per gran parte nell'acciaio creando l'impero Trametal con due acciaierie – una a San giorgio di Nogaro e una a Newcastle - rilevate in stato di fallimento e che insieme ai figli vengono completamente rinnovate nel prodotto e nei processi produttivi.
Scelta azzeccata, se si pensa che poco più tardi proprio quell'impero ha garantito alla famiglia genovese il grande colpo: oltre un miliardo di euro incassato qualche anno fa dalla vendita delle aziende siderurgiche riunite nella Trametal al magnate ucraino Rinat Achmetov. Il controvalore dell'operazione è stato pari a 1,1 miliardi. Risorse che la famiglia sta amministrando e investendo in business diversi. In termini di struttura del gruppo i due fratelli sono dotati di una holding a testa: a Davide fa capo Hofima e a Mattia la lussemburghese Luleo.

In linea di massima Luleo e Hofima controllano con quote identiche le stesse attività, da Asg (che realizzerà i magneti per il progetto di ricerca sulla fusione nucelare Iter e sta costruendo uno stabilimento nuovo a La Spezia) e Columbus (superconduttori) a Sima Tectubi (impianti) e Omba (ponti e carpenteria metallica), fino a Paramed (risonanza magnetica di nuova generazione).
Il padre Vittorio Malacalza, a livello operativo è più defilato, ma sulla carta è lui a dire l'ultima parola sui dossier più importanti. Genovese di origini piacentine, a lungo alleato del re dell'acciaio Bruno Bolfo, Vittorio coltiva soprattutto nuovi business, specie nell'immobiliare e segue da vicino i progetti più rilevanti, come Pirelli e il San Raffaele. Di recente poi, la famiglia ha scelto di tornare al vecchio amore dopo aver ceduto nel 2008 le due aziende siderurgiche alla Metinvest. I Malacalza hanno infatti riscoperto un approccio industriale con il settore dell'acciaio. E lo hanno fatto sottobraccio a Baosteel, il colosso cinese alleato dal 2001 con la famiglia genovese nella Baosteel Italia distribution center, joint che importa e commercializza sul mercato italiano prodotti cinesi. Un ritorno a tutti gli effetti al business storico che già una volta ha portato fortuna alla famiglia genovese. Che oggi, dunque, a distanza di quindici anni dall'incasso milionario ritenta il grande colpo, senza però dimenticare la nuova sfida nel mondo dei pneumatici.
marigia.mangano@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

14/11/2011
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