Quell'impero nato in un capannone
Il debutto ufficiale dei Malacalza nel mondo della «finanza» in senso stretto risale allo scorso anno con la scelta di investire nella catena di controllo Pirelli. Vittorio Malacalza è stato nominato vice presidente della Bicocca, Davide e Mattia sono stati scelti rispettivamente come Vice presidente di Camfin e di Gpi. Le cariche hanno sigillato nei ruoli un'alleanza fino ad allora scritta solo nella proprietà. La Malacalza Investimenti srl intestata per il 48% a testa a Davide e Mattia, mentre Vittorio è proprietario di una quota del 4% è il veicolo attraverso cui la famiglia controlla il 12,1% di Camfin e il 30,9% di Gpi. Un investimento strategico, quella nel gruppo dei pneumatici, che ha pesato poco, in termini assoluti, nel bilancio del gruppo che può contare su un conto in banca che vale un miliardo e zero debiti.
Già perché il nuovo socio di Marco Tronchetti Provera fa industria da quasi mezzo secolo. Partito negli anni '60 come piccolo imprenditore nel settore edilizio e della costruzione di strade, business che affiancava alla vendita di tubazioni e valvolame industriale in un piccolo capannone a Genova, a metà degli anni Novanta il suo gruppo è arrivato a fatturare più della Lucchini di Brescia, di cui diventerà socio nella Ferriera di Trieste e insieme al quale cercherà di scalare la Ilva. La svolta, finanziaria e industriale, risale a metà degli anni 80, quando Malacalza ha rilevato una quota della Duferco, uno dei leader mondiali del trading di acciaio, entrando in società con Bruno Bolfo fino a diventarne socio paritetico. Dopo dieci anni, poi, il divorzio con una maxi liquidazione che l'imprenditore genovese decise di investire per gran parte nell'acciaio creando l'impero Trametal con due acciaierie – una a San giorgio di Nogaro e una a Newcastle - rilevate in stato di fallimento e che insieme ai figli vengono completamente rinnovate nel prodotto e nei processi produttivi.
Scelta azzeccata, se si pensa che poco più tardi proprio quell'impero ha garantito alla famiglia genovese il grande colpo: oltre un miliardo di euro incassato qualche anno fa dalla vendita delle aziende siderurgiche riunite nella Trametal al magnate ucraino Rinat Achmetov. Il controvalore dell'operazione è stato pari a 1,1 miliardi. Risorse che la famiglia sta amministrando e investendo in business diversi. In termini di struttura del gruppo i due fratelli sono dotati di una holding a testa: a Davide fa capo Hofima e a Mattia la lussemburghese Luleo.
In linea di massima Luleo e Hofima controllano con quote identiche le stesse attività, da Asg (che realizzerà i magneti per il progetto di ricerca sulla fusione nucelare Iter e sta costruendo uno stabilimento nuovo a La Spezia) e Columbus (superconduttori) a Sima Tectubi (impianti) e Omba (ponti e carpenteria metallica), fino a Paramed (risonanza magnetica di nuova generazione).
Il padre Vittorio Malacalza, a livello operativo è più defilato, ma sulla carta è lui a dire l'ultima parola sui dossier più importanti. Genovese di origini piacentine, a lungo alleato del re dell'acciaio Bruno Bolfo, Vittorio coltiva soprattutto nuovi business, specie nell'immobiliare e segue da vicino i progetti più rilevanti, come Pirelli e il San Raffaele. Di recente poi, la famiglia ha scelto di tornare al vecchio amore dopo aver ceduto nel 2008 le due aziende siderurgiche alla Metinvest. I Malacalza hanno infatti riscoperto un approccio industriale con il settore dell'acciaio. E lo hanno fatto sottobraccio a Baosteel, il colosso cinese alleato dal 2001 con la famiglia genovese nella Baosteel Italia distribution center, joint che importa e commercializza sul mercato italiano prodotti cinesi. Un ritorno a tutti gli effetti al business storico che già una volta ha portato fortuna alla famiglia genovese. Che oggi, dunque, a distanza di quindici anni dall'incasso milionario ritenta il grande colpo, senza però dimenticare la nuova sfida nel mondo dei pneumatici.
marigia.mangano@ilsole24ore.com
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14/11/2011