Pechino, 17 mar. - Sono circa 8mila in tutta la Cina, si chiamano LIC - acronimo che sta per Local Investment Companies - e rischiano di trasformarsi in un incubo per il governo di Pechino: lo ho ha spiegato il professor Victor Shih, economista specializzato in questioni cinesi della Northwestern University dell'Illinois, nel corso di una conferenza organizzata dal Foreign Correspondents' Club of China. Lo scenario finale prospettato da Shih è impressionante: negli anni a venire milioni e milioni di cinesi delle aree urbane potrebbero essere costretti a lasciare le loro case e fronteggiare un nuovo, immenso processo di rilocalizzazione per consentire alle amministrazioni locali di vendere la terra su cui sorgono le loro case, unico mezzo per onorare i debiti contratti con le banche. Come si arriva a una situazione del genere? La risposta sta in un'attenta analisi del pacchetto di stimoli all'economia e dei suoi sviluppi. L'ormai celeberrimo stimulus package da 4mila miliardi di yuan è stato varato dal governo centrale per fronteggiare la crisi globale nel novembre 2008, con scadenza alla fine del 2010. Attenzione però: solo 1180 miliardi sono forniti effettivamente da Pechino, mentre il resto ricade sulle spalle di governi locali come province, contee, municipalità, eccetera. Il pacchetto straordinario, inoltre, è solo parte di una più ampia rete di misure economiche che era stata prevista prima dello scoppio della crisi, e che ammonta a circa 20mila miliardi di yuan. Come ce la stanno facendo i governi locali, molti dei quali si trovano in situazione di deficit e che per legge non possono raccogliere finanziamenti oltre un certo limite? La norma, spiega Shih, è stata aggirata con la creazione delle Local Investment Companies: si tratta di agenzie semipubbliche i cui rappresentanti sono quasi sempre gli stessi funzionari che guidano l'ente locale. Una volta costituita la propria LIC, il governo locale emette dei bond o si presenta alle banche fornendo come garanzia il più importante asset in suo possesso: la terra, che, notoriamente, in Cina è proprietà dello Stato. "Voglio sottolineare che ogni tipo di terra è stato fornito come collaterali - dice Shih - dagli appezzamenti più remoti a quelli sui quali sorgono già case, uffici, eccetera". Anche se nell'ultimo periodo il National Audit Office, i revisori dei conti, hanno lanciato ispezioni a tappeto per constatare l'effettiva entità dei debiti contratti con questo sistema dalle amministrazioni locali, al momento nessuno è in grado di affermare con certezza quanti fondi siano stati ottenuti con questo sistema: la linea ufficiale è che, al novembre dell'anno scorso, ammontassero a 6mila miliardi; il ministero delle finanze sosteneva si fosse giunti a quota 4mila miliardi già alla fine del 2008; secondo lo studio di Shih, però la verità si spinge molto più in là. "Ho compilato una lista dei regulatory filings e dei bond rating reports delle LIC, incrociandoli con tutti gli altri dati pubblici - spiega Shih - e la conclusione è che il debito attuale delle amministrazioni locali cinesi ammonti a 11428 miliardi di yuan, che diventeranno 12767 miliardi per la fine del 2011. Si tratta di una cifra che costituisce circa 7-8 volte le entrate fiscali 2011 e che, sommata alla situazione del governo centrale, ci porta alla conclusione che il rapporto debito/PIL di Pechino sia molto superiore di quanto appaia sulla carta: ritengo infatti che il reale rapporto debito pubblico/PIL della Cina nel 2009 sia stato del 71%, e che nel 2011 raggiungerà facilmente quota 96%, contro stime come quelle del Fondo Monetario Internazionale che non vanno oltre il 22%". Il prezzo della terra e delle abitazioni in Cina, come è noto, negli scorsi mesi ha registrato un aumento costante e inesorabile: solo a febbraio i costi delle abitazioni sono aumentati del 10.7% anno su anno, l'impennata più veloce dell'ultimo biennio. E mentre i timori sullo scoppio di una bolla speculativa nel settore immobiliare si moltiplicano, ecco che l'enorme debito contratto dalle Local Investment Companies potrebbe esporre le banche cinesi a un rischio insolvenza. Secondo Shih la Cina potrebbe presto trovarsi di fronte a scelte molto dure: lasciare alcune banche insolventi o soccorrerle dirottando parte dei suoi investimenti in valuta estera? Ripagare i debiti accesi dalle LIC, dando il via a un imponente, immenso processo di rilocalizzazione dei cittadini che vivono nelle aree che erano state impegnate come garanzia? Il governo di Pechino ha effettivamente preso diversi provvedimenti per raffreddare il forsennato mercato del real estate e contenere i rischi, l'ultimo dei quali, il divieto a numerose imprese di Stato di investire nell'immobiliare, riguarda da vicino il pericolo prospettato da Shih. Ma, come riporta il quotidiano Youth Times, ancora il 15 marzo scorso, nel corso di un'asta per aggiudicarsi dei terreni a Pechino alla quale partecipavano numerose compagnie statali, si sono raggiunte di nuovo cifre record. "I governi locali usano la terra come se fosse oro" titolava un polemico editoriale. E la nuova amministrazione che entrerà in carica nel 2012 potrebbe trovarsi nella spiacevolissima situazione di dover saldare il conto.
di Antonio Talia