Pechino, 15 mar. - Che cosa rimane dopo la conclusione dell'Assemblea Popolare Nazionale 2010, l'incontro dei circa 3mila delegati provenienti da tutta la Cina di fronte ai quali il governo riferisce ogni anno sul proprio operato? Il funzionamento di questo "parlamento con caratteristiche cinesi" certo non aiuta l'osservatore straniero a districarsi sulla natura delle decisioni: ogni delegato è espressione di una lunga catena di commissioni su base territoriale in cui solo l'ultimissimo anello è rappresentato da un'assemblea eletta dal popolo; la rappresentanza diretta, quindi, è solo un miraggio che si appanna sempre più ad ogni passaggio da una fase all'altra. Che ad ogni sessione plenaria del parlamento si parli di nuove riforme è diventata una sorta di routine. L'edizione 2010, però, si era aperta all'insegna di un attivismo insolito, segno di un dibattito interno alle complesse alchimie della politica cinese: ben 13 quotidiani nazionali, infatti, avevano pubblicato poco prima dell'avvio dei lavori un editoriale col quale si chiedeva una riforma del sistema dell'"hukou", il sistema di registrazione che lega, di fatto, ogni cittadino cinese al luogo di nascita; un potente strumento di controllo sociale risalente all'era maoista che ha creato un'enorme disparità tra chi nasce nelle città più sviluppate e chi viene alla luce nelle campagne più remote, generando un immenso esercito di immigrati interni che si muove dalle zone rurali a quelle urbane in cerca di lavoro, ma gode solo di diritti di serie B. Anche alcune dichiarazioni di Wu Bangguo avevano lasciato ampio spazio alle speculazioni: molti analisti avevano sottolineato come per la prima volta il numero due del Partito Comunista Cinese avesse fatto riferimento nel suo discorso a un tema tabù come la fine della Rivoluzione Culturale, terminata con la sessione plenaria del 1978, interpretandolo come un segnale che l'attuale leadership intenderebbe accelerare sulle riforme e sull'apertura. Ma qualcuno, in Cina, chiama l'analisi politica "leggere le foglie di té", un processo che ha quasi a che fare con la divinazione: molte questioni (come ad esempio l'hukou, il welfare, i prezzi delle case) restano aperte; quelle su cui l'Assemblea ha tratto una conclusione, come la rivalutazione dello yuan o le proiezioni di crescita per il 2010 e la posizione verso gli USA, presentano ben poche novità. Unica eccezione, forse, l'approvazione di un emendamento alla Legge Elettorale che equipara la rappresentanza delle aree rurali a quella delle aree urbane; un'innovazione di portata modesta, se si considera come si arriva a nominare un delegato di livello nazionale. Sul fronte militare si registra un aumento del budget del 7.5%, il più basso dell'ultimo decennio, contro il 14.9% dichiarato l'anno scorso, e nonostante le affermazioni del portavoce governativo Li Zhaoxing secondo cui la Cina ha scelto la strada di "uno sviluppo pacifico e di una politica militare difensiva", molti analisti occidentali si mantengono scettici su questi dati; Pechino sembra voler aumentare le possibilità di proiezione del suo esercito su scenari finora irraggiungibili – non si vedrebbe altrimenti la necessità di costruire un'immensa nave-ospedale - e ha conseguito un risultato estremamente rilevante come lo sbocco sul Mar del Giappone: grazie ad un nuovo accordo raggiunto con la Corea del Nord, infatti, la Cina potrà gestire con "grande libertà d'azione" il porto di Ranjin, che gestiva già da due anni. Il versante economico non presenta grandi novità: il premier Wen Jiabao ha definito il 2010 come l'anno "più rischioso" per l'economia cinese, stretta tra la necessità di continuare a sostenere la crescita e quella di prevenire l'inflazione, e ha ribadito la totale impermeabilità alle pressioni estere per un apprezzamento dello yuan. Le recenti tensioni con gli Stati Uniti, inoltre, "sono da imputare esclusivamente agli USA", che hanno "violato la sovranità territoriale e l'integrità cinese". Sul fronte interno, il governo ha ammesso una certa pressione sulla questione delle abitazioni e sulla riforma della sanità: il ministro per lo Sviluppo Urbano e Rurale Jiang Weixin, responsabile per il settore immobiliare, ha sostenuto la necessità di bilanciare gli introiti che arrivano alle amministrazioni locali dall'utilizzo della terra con quelle dei cittadini, bisognosi di una casa a prezzi ragionevoli, ma non si è espresso esplicitamente sull'impennata che stanno subendo i costi delle case in Cina; il ministro della Sanità Chen Zhu, dal canto suo, ha fatto esplicita richiesta di un aumento dei sussidi governativi per la copertura medica di base nelle aree rurali. La riforma della Sanità,che inizierà ad aprile e sulla quale il governo punta molto per aumentare la domanda interna, non sembra capace di accollarsi ulteriori spese rispetto agli 850 miliardi di yuan previsti, la maggior parte dei quali ricade comunque sulle spalle delle amministrazioni locali. Nessuna novità neanche sul fronte dell'hukou: l'editoriale-denuncia non sembra aver trovato alcun riscontro, fatta eccezione per il licenziamento di Zhang Hong, anziano giornalista dell'Economic Observer, tra i firmatari dell'appello. I dati sull'anno giudiziario, poi, sono stati oggetto di un caso curioso: mentre le statistiche diffuse all'inizio del mese dall'Accademia Cinese di Scienze Sociali - il più importante think-tank nazionale - mostravano un preoccupante aumento di alcuni reati, alcuni dei quali addirittura raddopiati, quelle esibite dalla Corte Suprema del Popolo e dalla Procura Suprema del Popolo segnalavano invece una leggera diminuzione pari allo 0.2% rispetto all'anno scorso. Di sicuro, il governo si è impegnato solennemente per una più profonda lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali, che un recente sondaggio ha indicato come la principale preoccupazione dei cittadini. E mentre la pressione su dissidenti e petitioners che caratterizza ogni anno l'inizio dell'Assemblea inizia ad allentarsi, anche l'attivismo che sembrava aver caratterizzato questa edizione 2010 si va spegnendo lentamente. In attesa del prossimo anno.
di Antonio Talia