Roma, 30 nov.- Pyongyang svela il suo piano nucleare: con un tempismo invidiabile, per la prima volta la Corea del Nord ammette di avere "migliaia" di centrifughe in un impianto di arricchimento dell'uranio e di aver già avviato la costruzione di un reattore nucleare ad acqua leggera. "La costruzione di un reattore ad acqua leggera sta progredendo rapidamente e un moderno impianto per l'arricchimento dell'uranio dotato di diverse migliaia di centrifughe è operativo", si legge sul quotidiano nordcoreano Rodong Sinmun, citato dall'agenzia di stampa di Stato Kcna. "Il progetto nucleare è indirizzato verso un obiettivo pacifico" scrive ancora Kcna. Dal 2002 la e gli Stati Uniti sostengono che Pyongyang sta lavorando a un piano per l'arricchimento dell'uranio, un'accusa che la Corea del Nord ha respinto fino al 2009, quando il regime comunista ha rivelato di essere "all'ultima fase" della produzione. E sempre lo scorso anno la Corea del Nord ha espulso dal Paese gli ispettori internazionali rendendo impossibile qualsiasi verifica sul programma. Quel che è certo è che il Paese, che ha condotto test nucleari tra il 2006 e il 2009, ha abbastanza materiale fissile derivante da un altro programma nucleare basato sull'utilizzo del plutonio, per la produzione di 12 bombe. Andrei Lankov, esperto di relazioni nordcoreane all'università Kookmin di Seul ha interpretato così le ultime mosse di Pyongyang: "Poiché negli ultimi due anni la Corea del Nord si è sentita ignorata sia da Washington che da Seul, adesso usa l'artiglieria e le centrifughe per lanciare un messaggio: 'noi siamo qui e siamo pericolosi, e non potete ignorarci. Possiamo procurare molti problemi, ma sappiamo anche essere ragionevoli se voi sarete generosi con noi'".
Intanto, si legge sull'agenzia di stampa giapponese Kyodo news, a Pechino sono atterrati martedì due importanti esponenti del regime nordcoreano, Kim Yong Il, presidente del dipartimento internazionale del Partito dei Lavoratori alla guida del Paese, e Choe Thae-Bok, presidente dell'Assemblea popolare suprema nordcoreana e confidente del leader Kim Jong Il. Secondo quanto riportato da Xinhua, agenzia di stampa cinese, Choe si tratterrà in Cina fino al 4 dicembre. Nessun altra dichiarazione è trapelata da Zhongnanhai, quartier generale del Partito Comunista Cinese, né dai media di stato.
Sin dallo scorso martedì - giorno dell'attacco nordcoreano contro l'isola sud-coreana di Yeonpyeong che è costato la vita a quattro sudcoreani, tra cui due civili - la Cina ha sempre evitato di condannare apertamente la mossa di Pyongyang - che nel Dragone trova il suo unico alleato – attirando le critiche di Stati Uniti, Sud Corea e Giappone che spingono affinché Pechino eserciti la propria influenza nel nord della penisola coreana. "Riteniamo che la Cina debba giocare un ruolo chiave nella partita per il mantenimento della pace e della sicurezza in Asia" ha dichiarato l'ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite Susan Rice. La risposta di Pechino alle crescenti pressioni dei tre alleati è arrivata domenica, quando il ministro degli Esteri cinese ha proposto un ritorno d'emergenza dei colloqui a sei (Corea del Nord, Corea del Sud, Cina, USA, Giappone e Russia) per risolvere questione del nucleare nordcoreano. Ma finora l'intervento del Dragone non ha soddisfatto le aspettative degli stati stranieri, che hanno rifiutato l'invito all'appuntamento fissato per i primi di dicembre a Pechino. Funzionari dell'amministrazione Obama hanno dichiarato che un ritorno al tavolo delle trattative occupato anche dalla Corea del Nord rappresenterebbe un premio e un riconoscimento per le provocazioni di Pyongyang. "Né gli Stati uniti, né altri Paesi sono interessati a ristabilire la pace nella regione attraverso attività di PR" ha fatto sapere Robert Gibbs, portavoce della Casa Bianca. "Senza serie intenzioni di disarmo nucleare, qualsiasi meeting sarebbe solo un'occasione per fare public relation" ha aggiunto Gibbs. Nel frattempo l'agenzia di stampa giapponese Nikkei fa sapere che il 6 dicembre è previsto a Washington un mini vertice cui prenderanno parte i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud per discutere della crisi. Secondo l'agenzia, che cita "fonti riservate interne alla vicenda", uno dei principali obiettivi dell'incontro consisterà proprio nell'indurre la Cina a sfruttare la propria influenza sul regime di Pyongyang, onde evitare un ulteriore precipitare della situazione.
Per ora il rifiuto dei tre Paesi ai Colloqui a sei ha mandato in fumo il tentativo del Dragone di imboccare la via più neutrale per risolvere la questione coreana. E mentre gli Stati Uniti – impegnati fino a mercoledì nelle esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud nelle acque del Mar Giallo - tornano a ribadire che spetta alla Cina il compito di lanciare a Pyongyang un chiaro segnale del fatto che un comportamento così aggressivo non è più tollerabile, Pechino si trova di fronte a un enigma diplomatico dalla soluzione sempre più complessa.
di Sonia Montrella
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